Analizziamo l'oggetto secondo regolamento (gentilmente correggetemi se sbaglio):
1. l'utente si presentava in posta con l'assicurata da affrancare
2. avveniva la verifica e la prima pesatura dell'oggetto da parte dell'addetto postale
3. venivano applicati i sigili, con spago e ceralacca forniti dall'ufficio
4. avveniva la seconda pesatura dell'oggetto
5. venivano apposti i francobolli ben distanziati in relazione al peso, al valore dichiarato di assicurazione ed ai servizi aggiuntivi a francatura obbligatoria (espresso, raccomandazione, assicurazione, etc..).
Cosa accadeva se il conteggio del porto di una raccomandata (n.b.: le assicurate erano ebitamente raccomandate) era stato sbagliato per difetto?
Comprenderete che
la responsabilità era in capo all'addetto che l'aveva accettata, commettendo l'errore nell'affrancatura in difetto.
Una volta accettato l'oggetto partiva lo stesso con i servizi obbligatori chiesti, anche se non integralmente corrisposti per errore non imputabile al mittente, il quale errore, se veniva scoperto, l'oggetto doveva esser integrato per l'affrancatura mancante in partenza o all'arrivo, a carico dell'addetto responsabile.
Il costo dei francobolli aggiuntivi, magari persino anticipati dall'ufficio di destinazione, doveva essere risarcito dall'addetto postale che aveva commesso l'errore.
Se un
"verificatore postale" fosse venuto a conoscenza del fatto (se fosse stato avvisato o se lui stesso avesse scoperto il difetto), allora avrebbe redatto un verbale dell'accaduto, a cui poi avrebbe fatto seguito relativa sanzione (pecuniaria e/o disciplinare) per il dipendente responsabile.
Fin qui l'applicazione più rigida del regolamento. Ora passiamo alla realtà dei fatti, che come spesso accade è fatta dagli uomini e assai poco dai regolamenti.
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Ipotesi 1:
l'ammanco non è stato notato.
In questo caso l'oggetto avrebbe dovuto proseguire per espresso, con solerte consegna con apposito fattorino.
Ipotesi 2:
l'ammanco è stato notato da un addetto postale all'arrivo, ma -mosso a compassione o da cameratismo professionale- per evitare i guai al suo collega che sarebbero certamente scaturiti a seguito della denuncia di questa scoperta, egli ho fatto finta di nulla:
Ipotesi 2a: l'assicurata
ha proseguito come espresso - è un'ipotesi indimostrabile, in quanto non si ravvedono segni di consegna per espresso. Pare l'unica motivazione, per quanto infondata, che spiegherebbe la mancata cancellazione della parola
"espresso" dal fronte dell'oggetto.
Ipotesi 2b: l'assicurata
ha proseguito come posta ordinaria, applicando quanto prescritto dalla norma: verificato il mancato pagamento del servizio espresso (mancano 2.50), non fu recapitato come tale. Non resta che ipotizzare che la mancata cancellazione della parola "
espresso" possa esser stata o una mera distrazione, o il mal celato timore di un addetto postale all'arrivo ad intervenire su un oggetto di un certo grado di complessità d'interpretazione della tariffa...
Considerazione finale: se il mittente, recatosi allo sportello, avesse desistito dall'originaria volontà dell'inoltro in espresso, la parola
"espresso" avrebbe dovuto esser cancellata sul fronte, anche se capitava spesso che questo non avveniva.
A mio parere secondo regolamento l'oggetto, poichè raccomandato, avrebbe dovuto esser integrato a destino e, quindi, procedere come espresso.
Nel caso specifico, invece, finì tutto nel silenzio... e verosilmilmente l'oggeto proseguì come posta ordinaria.
A riscontro della mai tesi per cui
in caso di scoperto ammanco di affrancatura a destino su una raccomandata espresso l'integrazione era dovuta ed il servizio espresso doveva esser espletato, propongo di osservare l'ultimo esempio a pag. 411 del Sirotti (seconda edizione), che mostra un integrazione di dieci centesimi a destinazione su una raccomandata in espresso.
Per chi non disponesse di quel testo perchè ci sta ammazzando le zanzare, può più comodamente osservare la stessa lettera all'esempio n°9 con approfondita didascalia qui:
https://espressirsi.wordpress.com/2015/ ... i-tassati/--------------------------
Detto ciò, passo alla fanta-storia postale
e propongo un dubbio da leggenda metropolitana, che ancora riesco a chiarire per via della mia ignoranza
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Ricordo di aver letto che alcuni oggetti di valore (scatole di preziosi) non potevano essere affidati al recapito a domicilio: per essi vigeva l'obbligo di rimanere custoditi all'ufficio postale di arirvo, con l'accortezza di avvisare il destinatario del loro arrivo, affinchè egli si recasse personalmente a ritirarli.
Per pura ipotesi, se fosse vero, sebbero da riconsiderare i recapiti per espresso di assicurate gravate da un cospicuo certo valore dichiarato.
Vi prego di prendere con ampio beneficio del dubbio quest'ultimo paragrafo del mio intervento, perchè verosimilmente temo di essere in errore.