Buonasera a tutti,
Ho letto con interesse il caso in questione e anche se apparentemente sembrerebbe di difficile soluzione in realtà la soluzione sarebbe ( e dico sarebbe spiegandone in seguito perché) facilmente attuabile.
Partiamo con alcune premesse: la casa d’aste si pone come semplice intermediario o mediatore tra il committente ed il futuro acquirente ed, a meno che ( come fanno alcune) non emetta un certificato di garanzia, in caso di un pezzo venduto e poi scoperto falso, ha il dovere di rifondere quanto pagato e riprendere il pezzo indietro.
Essendo un intermediario o mediatore non ne ha il diritto di proprietà, quindi, salvo il caso di un evidente truffa ( in questi casi difficilmente dimostrabile) da parte del committente, non avrebbe possibilità alcuna di consegnare il documento alle autorità affinché lo stesso venga sequestrato in quanto falso.
Deve necessariamente riconsegnarlo al proprietario il quale sarebbe l’unico a poter effettuare questa operazione, ma secondo voi lo farà mai? No.
Come dicevo la soluzione al problema in realtà sarebbe molto più semplice di quello che si pensa, per evitare appunto che il pezzo possa ritornare sul mercato e trovare nuovi acquirenti.
Quale sarebbe questa soluzione? Semplice, una pratica in uso in molti paesi europei, ma non da noi, e sinceramente non ho mai capito il perché: nel momento che un pezzo viene dichiarato falso, gli si dà un bel bollo sopra che attesti per l’appunto che si tratta di un falso, cosa che per esempio accade in Germania e in Svizzera , quando i periti, verificato un falso, lo bollano come tale e in tal modo viene impedito che qualche “furbetto” possa tentarne la vendita spacciandolo come originale ( tanto dato che si tratta di un falso il bollo non rovina alcunché ): come dire, lo si “marchia”.
Ovviamente si può entrare in un altro tema, ossia il perché questa pratica da noi non sia in uso e da qui procedere per la “tangenziale”.
Quello che posso dire nella mia esperienza personale è che ho rapporti consuetudinari con un grosso commerciante di Zurigo e sinceramente ho notato un’abissale diversità di mentalità, di correttezza, di approccio alla vendita, rispetto a quanto molto spesso accade da noi.
Questo il mio parere, perché non vedo altre strade percorribili: la casa d’aste potrebbe forse querelare il committente? E su quali basi se non si dimostra la consapevolezza in capo a costui che stava vendendo un falso? Potrebbe segnalere la cosa? Ma a chi? Al massimo alle alte case d’aste al fine di informarle qualora si ritrovassero lo stesso pezzo da mettere in vendita, ed in questo caso si configurerebbe in ipotesi di reato per tizio perché tenta di venderlo pur sapendo che è falso.
Ma se invece cercasse di venderlo attraverso altri canali? Privatamente, online…..
Se invece lo si “marchiasse” ecco che tizio si ritroverebbe in mano un pezzo di carta straccia e dal punto di vista etico si attuerebbe un comportamento corretto.
Questo è il mio pensiero.
Un saluto a tutti
Armando Viesti
rogerbarrett ha scritto:
Un dubbio amletico.
Mi è capitato di acquistare (per circa 100€ complessive) un pezzo in asta di una nota casa.
All'arrivo ieri ho guardato l'annullo e mi son spiacevolmente reso conto dell'esistenza di un trucco: l'incongruenza fra la porzione di impronta sul valore e quella che prosegue sul supporto non coincidono, lasciando intendere una manipolazione inequivocabile con sostituzione del francobollo.
Orbene (
saluti in quel di Pistoia) ho subito realizzato un'ottima scansione che ho allegato ad una breve, chiara e cortese mail, denunciante la scoperta del "falso".
Ho avuto il riscontro di lettura ed ho atteso di essere ricontattato per chiarimenti ed eventuali scuse.
Tutto può capitare, ma se fosse successo a me francamente mi sarei precipitato a risolvere subito l'inconveniente occorso.
Apro una parentesi: un'altra casa d'aste ha accettato un reso dopo due anni con restituzione integrale di tutti i costi annessi a seguito della scoperta di un falso.
Dopo aver atteso mezza giornata, mi son risolto a telefonare per chiedere spiegazioni. Mi ha risposto una segretaria.
Ho, quindi, accennato al problema chiedendo di poter parlare con un responsabile, ma questi non era disponibile: sono stato invitato a procedere alla restituzione dell'oggetto.
Di lì mi è venuto il dubbio amletico che voglio condividere.
La segretaria ha affermato che qualora l'oggetto sarà confermato falso mi saranno rimborsate le spese, ad eccezione di quelle di spedizione (sia andata, che ritorno), e l'oggetto sarà restituito al conferente.
Mi domandavo se procedere in questo modo sia legale ed etico.
L'alternativa è quella di trovare un chiarimento con il responsabile della casa d'aste e, invece che spedirlo indietro, consegnarlo allo Stato che produrrà il verbale di sequestro.
Al momento non vedo alternative per evitare il rischio che l'oggetto possa tornare sul mercato per essere acquistato magari da un acquirente meno attento.
Poiché abbiamo un legale sensibile a queste tematiche che ci legge e che interviene appassionatamente, gli proporrei di suggerire il suo pensiero/consiglio a riguardo.
Ovviamente il problema non consiste nel danno economico (20€ di spedizioni che andrebbero perse non toglieranno il sonno di alcuno), ma si propone come rischio di agire come conniventi ad una condotta illecita, piuttosto che distrugge o denunciare il falso rinvenuto.