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 Oggetto del messaggio: LIBRETTO PERSONALE DEL PROFUGO
MessaggioInviato: 19/08/2016, 15:42 
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Di questi tempi sentiamo spesso usare il termine " PROFUGO " in TV o sui giornali legato a gente proveniente dai paesi Africani, ma non bisogna dimenticare che anche nostri connazionali nel passato hanno avuto questo destino, infatti ora ora vado a postare le immagini di un LIBRETTO PERSONALE DEL PROFUGO (RIMPATRIATO DALL'ESTERO) del Sig. VANZO LUCIANO che fu ospitato, in qualità di PROFUGO proveniente dalla Francia ( Principato di Monaco), presso il Campo delle CASERMETTE NORD di Borgo S.Paolo a TORINO il 23 FEBBRAIO 1946. Il libretto l'ho acquistato ad un mercatino ed all'interno si trovavano allegati anche tre certificati redatti in lingua Francese con date differenti (2 Marzo 1946 , 25 Novembre 1946 e 16 Novembre 1954) della ECOLE PUBLIQUE DE GARCONS della città di MONACO. Il libretto è costituito da 10 fogli compresa la copertina che vado a mostrare assieme alle pagine più significative dove vi sono le generalità del possessore, lo stato di famiglia e la descrizione del materiale assistenziale fornito ed i sussidi in denaro. Distinti saluti Marangoni Riccardo.

CASERMETTE DI BORGO S.PAOLO, via Veglia, Torino

Nel febbraio del 1947, l'improvviso afflusso in città di un primo scaglione di oltre 1.000 profughi giuliano-dalmati, rende necessaria la ricerca di un luogo adatto ad accoglierli. La giunta comunale, allora guidata dal sindaco comunista Celeste Negarville, individua nei ventuno edifici del [u]vecchio complesso militare delle Casermette di via Veglia,[/u] nel popolare rione di Borgo San Paolo, la struttura idonea ad ospitare i nuovi arrivati.

Posto fin dalla sua nascita sotto la gestione amministrativa dell'Ente Comunale di Assistenza (ECA), il complesso, che dista circa un chilometro e mezzo dalla più vicina linea tranviaria cittadina, inizia la propria attività di accantonamento il 30 novembre 1944, ospitando le popolazioni dei Comuni italiani e francesi della Valle Roja (Airoles, Olivetta, San Michele, Collabassa, Brey sul Roja, Saorges, Fontan) coattivamente deportate a Torino dai tedeschi. Circa 3.000 persone rimaste in città fino all'aprile 1945 quando, "per interessamento delle autorità svizzere"[ASCT, Fondo ECA], inizia il rimpatrio dei cittadini francesi. Nella struttura restano invece 900 italiani, ai quali si aggiungono rimpatriati dall'estero, reduci dalla prigionia ed ex internati di rientro dalla Germania, per i quali diventa necessario individuare delle aree destinate alla loro accoglienza, provvedendo "a isolarli per cautele igieniche" senza però "rendere l'ospitalità uguale a quella dei lager" [ASCT, Fondo ECA].

In proposito, il 19 maggio 1945, il Consiglio comunale decide, su indicazione del sindaco Giovanni Roveda, di riservare agli ex internati la parte sud delle Casermette, costituendovi la Casa degli Internati. Una struttura all'interno della quale essi ricevono cure e assistenza, unitamente alla "distribuzione del premio di lire 5.000, concesso a tutti i reduci dalla Germania" [ASCT, Fondo ECA] e di un pacco contenente indumenti di vario tipo. Tra il maggio e il settembre 1945, ad esempio, l'ECA consegna agli ospiti del campo "300 pantaloni, 260 giacche, 370 camicie 192 mutande, 620 calze, 310 maglie, 375 fazzoletti, 55 asciugamani, 59 cravatte, 10 cappelli, 6 sciarpe, 429 paltò e 277 scarpe". [ASCT, Fondo ECA]

Alla fine del marzo 1946 le Casermette vedono aumentare la propria popolazione in seguito all'assorbimento dei profughi provenienti dal XXI° Evacuation Camp di Moncalieri che, costituito dalle autorità alleate alla fine dell'aprile 1945 si appresta a chiudere i battenti. Il numero di arrivi sempre crescente, rende indispensabile l'ampliamento della capacità ricettiva del campo (che può contenere un massimo di 1.600 persone), attraverso la messa "in efficienza di tutti i padiglioni ancora sinistrati o parzialmente danneggiati" [ASCT, Fondo ECA].

Compito principale dell'ECA è quello di distribuire generi alimentari e di vestiario, mentre il Ministero dell'Assistenza Post-Bellica è responsabile dell'erogazione di un sussidio giornaliero della durata di un anno, la cui somma ammonta a 100 Lire per il capofamiglia e a 45 Lire per il resto dei componenti il nucleo familiare. Il Comune di Torino si fa invece carico della concessione del materiale lettericcio (brande e coperte di lana) necessario ad approntare la struttura.

Le carte del ECA conservate all'Archivio Storico della Città di Torino, consentono di quantificare il numero delle presenze nel primo biennio di attività del campo. In proposito vi sono due documenti di grande rilievo: una relazione sulla situazione delle Casermette inviata il 30 gennaio 1946 dal direttore Pietro Gemmi alla presidenza dell'ECA, e un rapporto informativo datato 9 settembre 1946 stilato dalla direzione del campo. La relazione di Gemmi propone dei dati che si snodano sul lungo periodo, indicando in 13.970 le persone che tra il 30 novembre 1944 e il 30 gennaio 1946 transitano alle Casermette. Tra essi - si legge nel documento - vi sono " "2.250 profughi, 1.825 ex internati, 298 sinistrati, 89 sfollati, 2.650 residenti all'estero (compresi i profughi francesi), 6.798 ex internati di passaggio e 60 partigiani." [ASCT, Fondo ECA] Il rapporto che la direzione del centro stila il 9 settembre 1946 restituisce invece un'istantanea che seppur legata al solo 1946 appare piuttosto precisa.

Secondo quanto traspare dal documento, alla data del 31 agosto 1946 sono presenti alle Casermette 1.389 individui (892 uomini e 497 donne), comprendenti 197 nuclei familiari, per complessive 812 unità, e 577 persone isolate. I dati consentono anche di risalire alla provenienza degli ospiti (definiti nella documentazione come profughi da rimpatriare) che appaiono suddivisi cime segue: 635 provengono dalla provincia di Torino, 4 da quella di Imperia, 3 da quella di Messina, 2 da quella di Treviso 1 da quella di Frosinone e 1 da quella di Udine. Vi sono poi gli italiani residenti all'estero tra i quali i più numerosi appaiono quelli provenienti dalla Francia (396), seguiti da Marocco (43), Tunisia (21), Germania (11), Russia (7), Romania (7), Jugoslavia (6), Svizzera (5), Monaco (5), Albania (4), Manciuria (2), Algeria (1), Belgio (1), Montenegro (1), Siria (1). Vi sono poi gli italiani provenienti dalle Colonie e dai possedimenti, e quelli originari della Venezia Giulia. Tra la prima tipologia di profughi, quelli più numerosi appaiono gli italiani di Grecia (53 persone), seguiti da quelli giunti dalla Libia (33) e dall'Africa Orientale Italiana (9). Dalla Venezia - Giulia e dalla Dalmazia provengono invece 137 persone: 16 dalla provincia di Trieste, 6 da quella di Gorizia, 5 da quella di Zara, 62 da quella di Fiume e 48 da quella di Pola. Lo stesso documento consente di risalire alla professione dei profughi residenti nel campo: sui complessivi 1.389 ricoverati, sono 606 (541 uomini e 65 donne) quelli in età lavorativa. La professione più rappresentata è il meccanico (116), cui seguono quella di manovale (57), muratore (51), operai generici (47, di cui 29 uomini), impiegati (47, di cui 35 uomini), artigiani (25), falegnami (24), insegnanti (8 donne) e professionisti (6). Alto è il numero di coloro che sono censiti sotto la voce di "altre qualifiche": 191 uomini e 32 donne. [ASCT, Fondo ECA]

La concentrazione di un cospicuo numero di persone all'interno di spazi ristretti, si riflette direttamente sulle condizioni di vita dei profughi, restituite in maniera esaustiva da una relazione redatta il 13 febbraio 1946 da un funzionario dell'Ufficio Tecnico del Comune di Torino. Inviato alle Casermette per monitorare "lo stato generale della situazione" della struttura, riferisce come vi abitino "almeno 200 famiglie", che trovano spazio in locali "separati con mezzi di fortuna (steccati, corde, coperte)", presentando "gravi inconvenienti nei riguardi della pulizia, senza parlare dell'aspetto zingaresco dell'insieme" [ASCT, Fondo ECA]. Una situazione che non sembra migliorare qualche mese più tardi, come dimostra una lettera inviata alla presidenza dell'ECA dall'Ufficio Tecnico del Comune nel giugno 1946, la cui lettura fornisce una fotografia nitida della vita in campo, popolato da persone "raggruppate in nuclei familiari che presentano notevoli differenze per provenienza, stato sociale, economico e fede politica", raccolte in "grandi camere" separate "con mezzi di fortuna (steccati e coperte), che non offrono alcuna sicurezza", e "che presentano notevoli difficoltà di pulizia, oltre a un aspetto deplorevole." [ASCT, Fondo ECA] Di qui la necessità - conclude il documento - di "dare a ogni famiglia, o al più a due famiglie riunite, la possibilità di isolamento in locali separati per favorire l'unità familiare, la moralità dell'ambiente, e la pulizia dei locali." [ASCT, Fondo ECA]

Quasi un anno più tardi, il 2 maggio 1947, il direttore del campo invia alla presidenza dell'ECA il prospetto mensile contenente il numero complessivo dei ricoverati: si tratta di 2.376 persone (il campo come indicato nel documento ha nel frattempo aumentato a 2.200 posti la propria capacità ricettiva), "187 delle quali arrivate nel mese di aprile". Tra questi 175 provengono dalla Venezia-Giulia.

Un dato significativo, in linea con una tendenza iniziata a partire dal febbraio 1947 , quando in concomitanza con l'arrivo di flussi sempre più copiosi, la comunità giuliano-dalmata diventa la più rappresentata tra quelle presenti nel centro di raccolta.
Le prime tracce di profughi giuliano-dalmati nel complesso di Borgo San Paolo risalgono al 1946, anno in cui la loro presenza ammonta a 137 unità. Numero destinato a crescere sensibilmente a partire dal 1947 quando, come rivelano i dati contenuti negli Annuari Statistici della Città di Torino, essi raggiungono alla data del 31 dicembre le 1.480 presenze, diventate 1.654 nel 1948 e 1.604 nel 1949. L'utilizzo incrociato di differenti tipologie di fonti, evidenzia la progressiva diminuzione dei profughi giuliano-dalmati ospitati nei padiglioni delle Casermette: 1.461 unità nel 1951, 1.359 nel 1953, 1.304 nel 1954, 78 nel 1956, fino ad arrivare, nel 1957, alla loro totale assenza nella struttura.

Una flessione che inizia intorno ai primi anni Cinquanta e che raggiunge il proprio apice nel biennio 1955- 1957, trovando la principale motivazione nel massiccio e progressivo trasferimento delle famiglie giuliane nelle abitazioni di edilizia popolare messe a loro disposizione nel quartiere di Lucento, uno spazio cittadino che prenderà il nome di Villaggio di Santa Caterina. Operazione, quest'ultima, che consente un riordinamento del Centro: la parte Nord viene consegnata al Ministero dell'Interno e da esso assegnata alla Polizia di Stato, la parte Sud è invece destinata ad ospitare parte delle famiglie abitanti nei vari baraccamenti cittadini, primo tra tutti quello di corso Polonia.

Le Casermette sono dotate di servizi necessari ad agevolare la vita quotidiana degli ospiti: all'interno del campo sono infatti attive una cucina che, per mano di "quattro suore missionarie coadiuvate da ospiti del campo retribuiti" provvede al confezionamento e alla distribuzione dei pasti, un'infermeria, dotata di una capacità ricettiva di venti posti letto (equamente divisi per genere) e di due camere d'isolamento "della capacità di dodici posti complessivi per gli eventuali casi infettivi", un ambulatorio per visite e medicazioni e un consultorio pediatrico la cui attività è portata avanti sotto "la vigilanza dell'Opera Maternità e Infanzia"[ASCT, Fondo ECA].

L'educazione e l'istruzione dei bambini è invece affidata ad altre due strutture interne al campo: la scuola materna e la scuola elementare. Diretta dalle suore Missionarie della Consolata, che si occupano anche dell'attività pedagogica e di insegnamento, la scuola materna è attiva dal gennaio 1945 ed è frequentata da bambini di età compresa tra i due e i cinque anni. Sorta in appositi locali interni al campo e posta fin dal gennaio 1945 sotto la direzione didattica della scuola Baricco, la scuola elementare (con annesso doposcuola quotidianamente funzionante) vede aumentare negli anni il numero dei suoi allievi passati dalle 150 presenze del 1946 alle 279 del 1953.

A questo proposito si noti un promemoria redatto dal direttore del campo nel 1947, che evidenzia le condizioni di estremo sovraffollamento delle classi (sono attive due prime, due seconde, una terza, una quarta e una quinta) la cui media di iscritti si aggira "sui sessantotto allievi per la prima, cinquantaquattro per la seconda, trentacinque per la terza e quarantotto per la quarta e la quinta" creando un comprensibile disagio per gli insegnanti che, nominati direttamente dal provveditorato, non sembrano essere per il direttore "in condizioni di svolgere proficuamente il loro lavoro" [ASCT, Fondo ECA].

La presenza delle suore della Consolata non si limita alle sole funzioni educative e di preparazione del cibo: esse, insieme al sacerdote del campo, forniscono "con particolare cura morale" assistenza religiosa, praticata in un'apposita cappella e sono anche responsabili di una scuola di taglio e cucito, istituita per tutte le ragazze dagli otto ai sedici anni. Nel 1953 la scuola, alla quale l'ECA fornisce "tela e filo per la confezione dei manufatti che vengono consegnati alle iscritte a titolo assistenziale" [ASCT, Fondo ECA] conta circa un centinaio di iscritte. Con l'obiettivo di realizzare "la massima occupazione delle profughe che per diverse ragioni non possono recarsi al lavoro in città", le religiose (che, così come il sacerdote, ricevono dall'ECA un compenso mensile pro capite), istituiscono anche un laboratorio di cucito che, dotato di sedici macchine, confeziona "indumenti vari per gli assistiti dell'ECA e per altre ditte private". [ASCT, Fondo ECA]. Per agevolare la formazione professionale dei profughi e favorire il loro inserimento nel mercato del lavoro, l'ECA, attiva nel centro di raccolta anche un corso di qualificazione per disoccupati, che nel 1953 conta circa una cinquantina di iscritti.

Il campo è inoltre dotato di spacci interni per la vendita di alimentari (frutta, verdura, latte, carne, ecc.) e di una rivendita di sali e tabacchi che, allestiti direttamente dall'ECA, responsabile "del controllo dei prezzi" [ASCT, Fondo ECA], sono gestiti dagli stessi profughi. Alle Casermette sono infine attivi luoghi di svago come una sala cinematografica di dimensioni ridotte, direttamente gestita dal cappellano del campo, alla cui apertura contribuisce, insieme all'ECA, anche il Comune di Torino, una biblioteca e un circolo ricreativo delle ACLI, costituito da tre locali e fornito di bar, biliardo e campi per il gioco delle bocce.

Una squadra di polizia è invece responsabile del mantenimento dell'ordine pubblico nel campo, al cui interno è in funzione un vero e proprio ufficio di Commissariato di P.S. (inaugurato il 1 febbraio 1946) nel quale un commissario, un brigadiere e sei agenti provvedono "alla pubblica sicurezza e al disimpegno delle normali mansioni di polizia giudiziaria e amministrativa" [ASCT, Fondo ECA]. La loro attività è supportata da una squadra di vigili urbani che oltre a svolgere mansioni di vigilanza, provvedono anche al "disbrigo delle numerose pratiche degli ospiti, in collegamento con gli uffici anagrafici e annonari del Municipio di Torino" [ASCT, Fondo ECA].

Le testimonianze raccolte e la lettura delle carte d'archivio, dimostrano come le Casermette continuino ad essere anche dopo molti anni dalla loro apertura un contesto all'interno del quale le famiglie, divise soltanto da coperte, si trovano a vivere in grandi cameroni le une accanto alle altre. Una situazione instabile, ben rappresentata in una lettera inviata nel novembre del 1953 a Mario Dezani, direttore dell'ECA, da un avvocato torinese impegnato nella difesa di un profugo, che descrive l'abitazione del suo assistito come "una modesta stanza in cui sono costretti a vivere (sarebbe meglio dire a morire) ben dieci persone formanti due famiglie. E' una situazione che fa pietà anche alle mura che si addossano quell'agglomerato di infelici. Non è possibile che questo possa durare, per decoro della nostra città e per dignità nostra." Precarietà e disagi che però non impediscono la nascita di una forte socialità che porta gli abitanti del campo a stringere profondi legami di solidarietà e amicizia
.
Nell'ambito di un piano di riordino del decoro urbano cittadino, il sindaco democristiano Giuseppe Grosso decide nel corso del consiglio comunale del 19 gennaio del 1966 il risanamento dell'area delle Casermette, restituendone l'uso all'esercito: vengono così sgomberati ed abbattuti i capannoni che, a tale data, ospitano ancora 282 nuclei familiari, costituiti in maggioranza dalle fasce più disagiate degli immigrati arrivati in città dalle regioni del Sud Italia. Circa 1.500 persone che si trasferiscono in parte nei padiglioni metallici costruiti dal Comune nei cortili dei vecchi Quartieri Militari e in quelli dell'Ex Laboratorio Chinino di Stato, mentre altre si stabiliscono nelle case Gescal a Mirafiori Sud, nelle case popolari di via Arquata e in quelle costruite dal Comune in via Artom, corso Cosenza e piazza Sofia.


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 Oggetto del messaggio: Re: LIBRETTO PERSONALE DEL PROFUGO
MessaggioInviato: 26/09/2017, 16:36 
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Iscritto il: 26/09/2017, 11:07
Messaggi: 4
Buonasera a tutti e grazie per aver accettato la mia richiesta. Stavo effettuando ricerche in merito al signor Vanzo e pubblico qui di seguito ciò che ho in mio possesso:

La sentenza del pretore relativa al processo dove si evince l'estinzione del reato per amnistia con data 1948 Ventimiglia.
Sono in possesso anche del foglio di via dato al vanzo il 4 dicembre 1946 e non capisco se sia rimasto un anno e mezzo a ventimiglia in attesa del processo.


Sto provando a cercare qualche parente vivente per poter restituire i documenti gratuitamente, ma ancora non ho trovato riscontro.
Max


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 Oggetto del messaggio: Re: LIBRETTO PERSONALE DEL PROFUGO
MessaggioInviato: 26/09/2017, 16:57 
Piombo ha scritto:
Sto provando a cercare qualche parente vivente per poter restituire i documenti gratuitamente, ma ancora non ho trovato riscontro.
Max
Ha già provato a telefonare agli otto abbonati al telefono di cognome Vanzo e residenti a Predazzo? Se non lo ha già fatto, li trova qui: http://www.paginebianche.it/ricerca?qs= ... o+%28TN%29
Michele


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 Oggetto del messaggio: Re: LIBRETTO PERSONALE DEL PROFUGO
MessaggioInviato: 26/09/2017, 17:37 
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Iscritto il: 26/09/2017, 11:07
Messaggi: 4
Grazie mille! ;)


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