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Una mia amica mi ha permesso alcuni anni fa di leggere e trascrivere il diario del proprio genitore marconista imbarcato fin dagli inizi del conflitto sulla Cacciatorpediniera "Orione", il diario è fonte di una infinità di informazioni sulle scorte e sui vari combattimenti che lo hanno coinvolto nel Mediterraneo con annessi disegni, oltre ai pensieri personali di un giovane del tempo, per chi ne avrà voglia ne traggo uno stralcio di un paio di episodi. Allego anche una franchigia spedita dalla nave, e devo dire che non è neanche stato facile trovarla.
Allegato:
REGIA NAVE ORIONE.jpg
REGIA NAVE ORIONE.jpg [ 365.51 KiB | Osservato 1740 volte ]


Poco più tardi dell’alba del 14 Aprile 1940, proveniente dal Centro Radio di Roma, imbarcai a Napoli sulla R. Torpediniera ORIONE.
La R. Torp. Orione fa parte della 4^ Squadriglia Torpediniere (1) , dunque, imbarcai con un indicibile entusiasmo e con una voglia matta di navigare. Mi sentivo che avrei considerato come luoghi comuni i nomi di sterminati Mari e di immense regioni, nomi che prima, nel periodo della mia adolescenza da poco trascorsa (avevo poco più di 17 anni quando mi imbarcai) li pronunciavo con un senso di sgomento o li leggevo con un senso di religiosa ammirazione e con un leggero fremito del mio io, di questo io sognatore di grandi imprese e di eroiche lotte. Ed ecco che questi sogni di tutte le gioventù sono diventati realtà e in seguito dovevano diventare realtà durissima, ma piena di poesia nella inesorabile legge della guerra.
Infatti all’alba del 10 Giugno 1940, salpammo da Napoli assieme alle altre torpediniere della Squadriglia, con a bordo di ogni nave un numero considerevole di mine, per eseguire uno sbarramento al largo di Napoli, tra le isole di Capri, d’Ischia e di Procida. Da questo fatto ognuno capì esplicitamente che sarebbe stata imminente l’entrata in guerra dell’Italia. Difatti, nel pomeriggio, durante la rotta di rientro alla base, sentimmo alla radio il discorso del Duce che annunziava l’Italia in guerra contro l’Inghilterra e la Francia. Nespole!
Qualche giorno dopo, anzi qualche notte dopo, si ebbe a Napoli il primo bombardamento aereo, condotto da aerei francesi, che causò lievi danni.
Incominciò subito per la squadriglia e specialmente per la mia nave, l’ORIONE, una grande attività di guerra.

17 NOVEMBRE 1941
Ore 14.54 a 30 miglia per 200° dall’isola di Zante siamo attaccati, quasi di sorpresa, da sei bombardieri inglesi. Facciamo appena in tempo a battere posto di combattimento che le bombe cominciano a cadere sul convoglio. Malgrado la sorpresa, l’attacco riesce infruttuoso, perché le bombe pur cadendo molto vicine ai piroscafi vanno a finire tutte in mare.
Riusciamo a colpire con le mitragliatrici alcuni aerei. Finito l’attacco la navigazione prosegue normale. Poche ore dopo in posizione 36° 51’ lat. Nord e 20° 20’ long. Est riceviamo via radio un messaggio cifrato da Roma col quale ci ordina di rientrare nel porto di Navarrino (Grecia) perché nei nostri paraggi si trovano ingenti forze navali nemiche. Cambiamo immediatamente rotta e alla massima velocità dirigiamo per Navarrino. Alle ore 8.30 del 18 novembre entriamo in porto. Salpiamo le ancore alle 18.30 dello stesso giorno e col convoglio riprendiamo la rotta per Bengasi. Si naviga alla velocità di 10 nodi orari.
Mezzanotte. “Guardia a rilevare!” Vado nella stazione radio per le mie quattro ore di guardia. Mi sono appena messo la cuffia che sento Roma chiamarmi e trasmettermi un cifrato col quale ci ordina di nuovo di rientrare a Navarrino. Arriviamo alle 9.50 del 19 novembre. Diamo fondo all’ancora nella piccola rada.
Durante le giornate del 19 e del 20, quasi ogni ora da verso le 10 del mattino, fino al tardo pomeriggio aerei nemici da ricognizione sci sorvolano, con lo scopo evidente di controllare i nostri movimenti. Li accogliamo discretamente bene a cannonate e mitragliate.

21 FEBBRAIO 1943
Alle ore 10.45 salpiamo dalla fonda di Trapani assieme alle torpediniere “PEGASO “ e “ANIMOSO” per scortare la cisterna “THOSHEIMER per Biserta, velocità di crociera nodi 12,5 orari in 37° 54’ 40” e 11° 50’ 30” (10 miglia per 255° da punta Libeccio – Trapani) la torpediniera Pegaso segnala con le ultracorte la presenza di aerei nemici di poppa al convoglio (5 Wellington, 3 Beaufighter, 12 Lightrining). Tutte le unità aprono il fuoco con i cannoni e le mitragliere, gli aerei a bassa quota raggiungono rapidamente il convoglio nei settori poppieri dividendosi in due gruppi.
Un gruppo che passa tra “l’Animoso” e la cisterna, un gruppo che si mantiene sulla sinistra esternamente alla formazione.
Questo secondo gruppo è formato da aerei da caccia già impegnati con alcuni aerei alleati.
Il gruppo che passa tra l’Animoso e la cisterna si divide a sua volta in due parti, una va all’attacco della cisterna una all’attacco dell’Orione.
Gli aerei che puntano sulla cisterna eseguono i primi sganci a distanza molto forte (500 mt.) sicché le colonne d’acqua appaiono cortissime e in un primo momento fanno dubitare che si tratti di siluri. La cisterna manovra, ma gli aerei la centrano con una salva di bombe colpendola.
Il gruppo di aerei che dirige su di noi, attraversa la nave da poppa a prora ed esegue uno sgancio di bombe che cadono all’altezza del centro sinistro, plancia dritta e poppa dritta. La nave era sotto accostata sulla sinistra, perché già all’inizio dell’attacco stava accostando sulla nuova rotta.
Alcune bombe non esplodono. La distanza di caduta è stata valutata intorno ai 10-20-30 metri.
Le mitragliere di sinistra prima, e quelle di dritta poi reagiscono all’attacco abbattendo un apparecchio nemico che si infila in mare alla distanza di circa 400 metri, sulla sinistra lasciando una cortina bianca sull’acqua. Gli altri aerei si allontanano verso ponente.
Un altro aereo viene abbattuto da un’altra unità della scorta e cade lontano.
La cisterna s’incendia, a prora è presente uno squarcio sulla murata sinistra dalla quale si elevano fiamme. A poppavia della plancia, sul lato sinistro del galleggiamento si eleva una cortina di fumo a di vapore, il che fa supporre che una bomba esplodendo sott’acqua abbia rotto l’opera viva.
Vengono chiesti mezzi di soccorso alla base di Trapani che ne dispone l’invio. La torpediniera Orione, all’atto della caduta delle bombe viene anche mitragliata. Per effetto dello scoppio delle bombe si blocca la turbodinamo e viene a mancare corrente a tutti gli apparecchi e macchinari di bordo. Il timone resta alla banda, si rompe l’antenna del radiosegnalatore, si spezza il basamento della pompa d’incendio di poppa, l’ecogoniometro viene messo fuori uso, si verificano avarie leggere all’apparato U.C.. Due uomini risultano leggermente feriti per il mitragliamento.

Andrea
P.S. Ci sono anche dettagli sullo speronamento di un sommergibile e tanto altro.


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andrea ha scritto:
Una mia amica mi ha permesso alcuni anni fa di leggere e trascrivere il diario del proprio genitore marconista imbarcato fin dagli inizi del conflitto sulla Cacciatorpediniera "Orione", il diario è fonte di una infinità di informazioni sulle scorte e sui vari combattimenti che lo hanno coinvolto nel Mediterraneo con annessi disegni, oltre ai pensieri personali di un giovane del tempo, per chi ne avrà voglia ne traggo uno stralcio di un paio di episodi. Allego anche una franchigia spedita dalla nave, e devo dire che non è neanche stato facile trovarla.
Allegato:
REGIA NAVE ORIONE.jpg


Poco più tardi dell’alba del 14 Aprile 1940, proveniente dal Centro Radio di Roma, imbarcai a Napoli sulla R. Torpediniera ORIONE.
La R. Torp. Orione fa parte della 4^ Squadriglia Torpediniere (1) , dunque, imbarcai con un indicibile entusiasmo e con una voglia matta di navigare. Mi sentivo che avrei considerato come luoghi comuni i nomi di sterminati Mari e di immense regioni, nomi che prima, nel periodo della mia adolescenza da poco trascorsa (avevo poco più di 17 anni quando mi imbarcai) li pronunciavo con un senso di sgomento o li leggevo con un senso di religiosa ammirazione e con un leggero fremito del mio io, di questo io sognatore di grandi imprese e di eroiche lotte. Ed ecco che questi sogni di tutte le gioventù sono diventati realtà e in seguito dovevano diventare realtà durissima, ma piena di poesia nella inesorabile legge della guerra.
Infatti all’alba del 10 Giugno 1940, salpammo da Napoli assieme alle altre torpediniere della Squadriglia, con a bordo di ogni nave un numero considerevole di mine, per eseguire uno sbarramento al largo di Napoli, tra le isole di Capri, d’Ischia e di Procida. Da questo fatto ognuno capì esplicitamente che sarebbe stata imminente l’entrata in guerra dell’Italia. Difatti, nel pomeriggio, durante la rotta di rientro alla base, sentimmo alla radio il discorso del Duce che annunziava l’Italia in guerra contro l’Inghilterra e la Francia. Nespole!
Qualche giorno dopo, anzi qualche notte dopo, si ebbe a Napoli il primo bombardamento aereo, condotto da aerei francesi, che causò lievi danni.
Incominciò subito per la squadriglia e specialmente per la mia nave, l’ORIONE, una grande attività di guerra.

17 NOVEMBRE 1941
Ore 14.54 a 30 miglia per 200° dall’isola di Zante siamo attaccati, quasi di sorpresa, da sei bombardieri inglesi. Facciamo appena in tempo a battere posto di combattimento che le bombe cominciano a cadere sul convoglio. Malgrado la sorpresa, l’attacco riesce infruttuoso, perché le bombe pur cadendo molto vicine ai piroscafi vanno a finire tutte in mare.
Riusciamo a colpire con le mitragliatrici alcuni aerei. Finito l’attacco la navigazione prosegue normale. Poche ore dopo in posizione 36° 51’ lat. Nord e 20° 20’ long. Est riceviamo via radio un messaggio cifrato da Roma col quale ci ordina di rientrare nel porto di Navarrino (Grecia) perché nei nostri paraggi si trovano ingenti forze navali nemiche. Cambiamo immediatamente rotta e alla massima velocità dirigiamo per Navarrino. Alle ore 8.30 del 18 novembre entriamo in porto. Salpiamo le ancore alle 18.30 dello stesso giorno e col convoglio riprendiamo la rotta per Bengasi. Si naviga alla velocità di 10 nodi orari.
Mezzanotte. “Guardia a rilevare!” Vado nella stazione radio per le mie quattro ore di guardia. Mi sono appena messo la cuffia che sento Roma chiamarmi e trasmettermi un cifrato col quale ci ordina di nuovo di rientrare a Navarrino. Arriviamo alle 9.50 del 19 novembre. Diamo fondo all’ancora nella piccola rada.
Durante le giornate del 19 e del 20, quasi ogni ora da verso le 10 del mattino, fino al tardo pomeriggio aerei nemici da ricognizione sci sorvolano, con lo scopo evidente di controllare i nostri movimenti. Li accogliamo discretamente bene a cannonate e mitragliate.

21 FEBBRAIO 1943
Alle ore 10.45 salpiamo dalla fonda di Trapani assieme alle torpediniere “PEGASO “ e “ANIMOSO” per scortare la cisterna “THOSHEIMER per Biserta, velocità di crociera nodi 12,5 orari in 37° 54’ 40” e 11° 50’ 30” (10 miglia per 255° da punta Libeccio – Trapani) la torpediniera Pegaso segnala con le ultracorte la presenza di aerei nemici di poppa al convoglio (5 Wellington, 3 Beaufighter, 12 Lightrining). Tutte le unità aprono il fuoco con i cannoni e le mitragliere, gli aerei a bassa quota raggiungono rapidamente il convoglio nei settori poppieri dividendosi in due gruppi.
Un gruppo che passa tra “l’Animoso” e la cisterna, un gruppo che si mantiene sulla sinistra esternamente alla formazione.
Questo secondo gruppo è formato da aerei da caccia già impegnati con alcuni aerei alleati.
Il gruppo che passa tra l’Animoso e la cisterna si divide a sua volta in due parti, una va all’attacco della cisterna una all’attacco dell’Orione.
Gli aerei che puntano sulla cisterna eseguono i primi sganci a distanza molto forte (500 mt.) sicché le colonne d’acqua appaiono cortissime e in un primo momento fanno dubitare che si tratti di siluri. La cisterna manovra, ma gli aerei la centrano con una salva di bombe colpendola.
Il gruppo di aerei che dirige su di noi, attraversa la nave da poppa a prora ed esegue uno sgancio di bombe che cadono all’altezza del centro sinistro, plancia dritta e poppa dritta. La nave era sotto accostata sulla sinistra, perché già all’inizio dell’attacco stava accostando sulla nuova rotta.
Alcune bombe non esplodono. La distanza di caduta è stata valutata intorno ai 10-20-30 metri.
Le mitragliere di sinistra prima, e quelle di dritta poi reagiscono all’attacco abbattendo un apparecchio nemico che si infila in mare alla distanza di circa 400 metri, sulla sinistra lasciando una cortina bianca sull’acqua. Gli altri aerei si allontanano verso ponente.
Un altro aereo viene abbattuto da un’altra unità della scorta e cade lontano.
La cisterna s’incendia, a prora è presente uno squarcio sulla murata sinistra dalla quale si elevano fiamme. A poppavia della plancia, sul lato sinistro del galleggiamento si eleva una cortina di fumo a di vapore, il che fa supporre che una bomba esplodendo sott’acqua abbia rotto l’opera viva.
Vengono chiesti mezzi di soccorso alla base di Trapani che ne dispone l’invio. La torpediniera Orione, all’atto della caduta delle bombe viene anche mitragliata. Per effetto dello scoppio delle bombe si blocca la turbodinamo e viene a mancare corrente a tutti gli apparecchi e macchinari di bordo. Il timone resta alla banda, si rompe l’antenna del radiosegnalatore, si spezza il basamento della pompa d’incendio di poppa, l’ecogoniometro viene messo fuori uso, si verificano avarie leggere all’apparato U.C.. Due uomini risultano leggermente feriti per il mitragliamento.

Andrea
P.S. Ci sono anche dettagli sullo speronamento di un sommergibile e tanto altro.


E' interessante quanto riportato sul diario di bordo del Marconista della C.T. Orione e continua a postare gli altri episodi. Saluti Riccardo.


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MessaggioInviato: 19/01/2018, 19:02 
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Incoraggiato da Riccardo proseguo con un altro stralcio.
10 DICEMBRE 1941
Verso sera il mare è quasi calmo per cui possiamo riprendere la navigazione. Salpiamo alle ore 17.30 per Suda (Isola di Candia), velocità 18 nodi orari. Entriamo nel porto di Susa alle ore 10 dell’11 Dicembre, diamo fondo alle ancore in rada.
Ore 15.45 un piroscafo entrando in porto si avvicina al nostro bordo, il comandante della nave ci grida col microfono: “Orione! Andate a dare assistenza alla torpediniera ALCIONE che è stata colpita a poppa da un siluro corre il rischio di affondare.”
Salpiamo immediatamente, ma appena fuori dal porto vediamo l’Alcione arenata sotto costa. Diamo caccia al sommergibile fino al tramonto, lanciando numerose bombe, ma senza visibili risultati, qualche ora dopo il tramonto rientriamo in porto. Poco prima della mezzanotte salpiamo per Dern, con un mare abbastanza mosso.
A metà strada intercetto un messaggio cifrato da Roma, che avvisa della presenza di due incrociatori nemici che navigano al largo di Derna per il recupero di naufraghi di aerei nemici abbattuti. Comunico la scoperta al comandante, il quale, calcolata la distanza tra la nostra posizione e quella delle navi nemiche, rileva che essa è relativamente piccola. Questa notizia non fa certamente piacere al comandante né ad ognuno di noi.
Il capo marconista entra in stazione radio, si siede, accende una sigaretta e si mette a discutere con me sulla questione. Noto in lui una certa ansia … una certa trepidazione … ma non gli do torto, perché la situazione è alquanto tragica. Calcoliamo che non cambiando nulla dovremmo aver contatto con le navi nemiche nella mattinata seguente. E incontrarci con forze di gran lunga superiori a noi e carichi di benzina come eravamo certo l’avremmo passata brutta. Pure, il comandante seguitava ad andare avanti, rassegnati ci auguravamo di non scorgere il fatale “fil di fumo” all’estremo confine dl mare. Il capo marconista non potendone più si recò dal comandante per consigliarli di fare dietro-front
“ Sapete comandante … non è prudente … soli … con tanta benzina a bordo … seguitare ad andare avanti.
Ed il comandante “Ma io non ho avuto nessun ordine da Roma”.
“Va bene , ma l’iniziativa e vostra”
“Credete, capo, che sia bene tornare indietro?
Nell’indecisione del comandante ci spingemmo fino a 80 miglia da Derna. Finalmente si decise e ci fece trasmettere un telegramma a Roma chiedendo ordine di tornare indietro. Il Ministero rispose subito comunicandoci di tornare indietro a Suda. Arrivammo a Suda la mattina del 15 dicembre.

16 DICEMBRE 1941
Ore 17.50 salpiamo per riprendere la missione a Derna. Ma era destino che detta missione non dovevamo portarla a termine.
Ore 21.40 nel punto di 35° 30’ lat. Nord e 23° long. Est (nelle acque di Capo Spada) avvistammo sulla dritta, a 80 metri di distanza un grosso sommergibile nemico in emersione. Si aprì il fuoco con tutte le armi di bordo e cercammo di speronarlo.
Gli ordini vennero dati con calma e precisione:
“Macchine attenzione! …. giri 360”
“Timoniere tutta la barra a dritta …. Macchina di sinistra a tutta forza …..”
Ed ecco che con una rapida accostata puntiamo sul sommergibile.
“Pari avanti a tutta forza”
Ore 21.45 Speronamento
Un poderoso urto scuote la nave in ogni sua vertebra. Il sommergibile scompare tra i flutti.
Il seguito al tremendo urto la nostra prora si squarcia per una lunghezza di 5/6 metri. L’acqua invadendo i prodieri fa appronare la nave e minaccia gravi conseguenze. Per fortuna la paratia del locale specialisti resiste, ed ogni pericolo sembra scongiurato. Impossibile proseguire, invertiamo la rotta. Con tutta la forza dei suoi polmoni radiotelegrafici l’ORIONE chiamò Radio Roma e trasmise un cifrato col quale avvisava Supermarina che in seguito a danneggiamento della prora causato da speronamento si rientrava a Suda, alla velocità di sei nodi orari.
Alle ore 9.10 del 17 dicembre entriamo nella baia di Suda, si scaricarono le latte di benzina.
Da allora iniziammo un tristissimo periodo di tempo durato tre circa mesi, tempo strettamente necessario per la riparazione della prora. Per i primi quaranta giorni non dammo né ricevemmo più notizie, dato che non esisteva un servizio postale con l’Italia. Ma dopo, ogni quindici o venti giorni, molta posta dall’Italia ci raggiunse.
Ma quei tre mesi sono memorabili per la fame sofferta, tutto il nostro vitto consisteva in un bicchiere di surrogato di caffè alla sveglia, alle nove un cucchiaio di marmellata nera che raspava la gola (non sono mai riuscito a capire di cosa fosse fatta),. A mezzogiorno un piatto di brodo in scatola per primo, per secondo piatto due cucchiaiate di carne in scatola (che spesso aveva cattivo odore) e un pezzo di pane nero, sovente ammuffito del peso di duecento – trecento grammi, di cui se ne dovevano buttare a mare 50 grammi se non si voleva mangiare la muffa col pane. Naturalmente, detta razione di pane doveva bastare per una giornata. Tutti questi viveri ci venivano forniti da comando tedesco che presidiava Suda. Era una festa quando, qualche volta, a mezzogiorno si mangiava per primo un piatto di chicchi di grano con lenticchie, conditi con un po’ di sale ed alcune gocce d’olio. Almeno ci alzavamo da tavola con lo stomaco pieno e le mascelle addolenzite per tre quarti d’ora di masticazione continua perché i chicchi di grano messi a cuocere per quattro ore non volevano saperne di diventare teneri.
Ma ci rifacevamo quando andavamo a terra in franchigia. Attraversando gli sterminati aranceti, per raggiungere la strada che da Suda porta alla Canea, attaccavamo gli alberi carichi di deliziosi aranci e mandarini e ne facevamo delle scorpacciate.
Nei giorni in cui doveva arrivare il convoglio dal Pireo, avevamo il cuore pieno di gioia e di speranza. “Finalmente si mangia! Finalmente si fuma!” Ci avrebbe portato farina, pasta, sigarette, anche le bombole di idrogeno e di ossigeno per tagliare le lamiere contorte della prora. Ma spesso al suo arrivo svanivano le speranze per far posto alle delusioni, niente farina, niente pasta, niente sigarette ma solo qualche bombola di ossigeno e balle di stoppa. Pazienza! Pure l’allegria non mancava. Ci volle il S. Natale per darci assieme il caro ricordo di altri Natali trascorsi in tempi migliori, un pranzetto discreto. Dopo tanti giorni mangiammo la pasta al burro, era un po’ pochetta …. circa 16 Kg. Pi pasta divisi in 160 persone …..
Durante la giornata della vigilia pregustammo questo pranzetto, ci occupammo anche della costruzione dell’albero di Natale. Un grosso ramo di pino piantato a prora sopra castello, carico di aranci, mandarini e piccole lampadine fasciate di carta velina colorata in rosso, azzurro, e verde. Infine coprimmo l’albero di piccoli batuffoletti di bambagia. La sera di fine anno ci fu poi una sfrenata allegria. Aiutati da alcune bottiglie di vino resinato greco, acquistate dai greci della Canea e da un mandolino di proprietà della Stazione Radio, cantammo tutte le canzoni del repertorio di Piedigrotta (non avevamo da fare altro).
Cantando facemmo le ore piccole, ed alla fine andammo in branda tutti con la voce rauca e la gola gonfia. C’era un mio collega che amava di sconfinato amore due tortorelle chiuse in gabbia, che s lamentavano …. Si lamentavano …. Ma poiché erano moribonde decidemmo di mangiarle a capodanno.
Le facemmo cuocere dal cuoco, che le ammannì come un gran chef di un ghiotto gran signore avrebbe potuto fare. Ma ci volle l’appetito dei miei giovani anni, rinforzato da una passeggiata di tre quarti d’ora, per mangiarla. Ma se vi ci avessero lasciato la testina, proprio non ce l’avrei fatta a tenerla nel piatto, perché quelle occhiaie vuote mi avrebbero troppo ricordato la bestiola che si lamentava … si lamentava ….

Da Wikipedia:
L'8 dicembre 1941 la torpediniera venne attaccata dal sommergibile britannico Talisman in posizione 38°00' N e 20°28' E, ma riuscì ad evitare i siluri[14].

Pochi giorni dopo l’Orione si rese protagonista di un drammatico caso di «fuoco amico». Alle sei di sera del 16 dicembre la torpediniera salpò da Suda, senza essere stata informata della presenza in zona di sommergibili italo-tedeschi[15]. Perciò, quando, alle 21.44, un sommergibile non identificato con rotta verso nord, fu avvistato dalla nave italiana, il comandante ritenne che si trattasse di un'unità subacquea britannica e portò la nave contro di esso, per speronarlo: centrato, il sommergibile s'inabissò all'istante con tutto l'equipaggio, in posizione 35°31' N e 23°19' E (nel canale di Cerigotto, ad ovest di Creta)[15]. In realtà il sommergibile affondato era l’U 557, tedesco, che scomparve con tutti i suoi 43 uomini[15][16][17]. Solo dopo le dieci di sera l’Orione, che stava rientrando in porto con la prua danneggiata per lo speronamento, ricevette, ormai troppo tardi, la comunicazione della presenza in zona dell'U-Boot[15].
Andrea


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