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MessaggioInviato: 01/09/2016, 22:22 
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Prendo spunto dal post qui discusso: viewtopic.php?f=27&t=36&start=20#p7916
poiché mi piacerebbe si potesse approfondire la questione in merito all'esito degli oggetti postali raccomandati per errore accettati in carenza della necessaria affrancatura.
Questo nuovo post nasce sia per evitare che quello originario permanga fuori tema (e generi confusione nel lettore), sia per incentrare l'attenzione degli interessati su una questione di non facile interpretazione, che invece -a mio giudizio- meriterebbe considerazione ed approfondimento.

Ricollegando a quanto già scritto in precedenza, di seguito riassumo la questione, sottolineandola per evidenziarla.
Considerando per ipotesi un oggetto postale raccomandato erroneamente accettato con carenza dell'obbligatoria tariffa, per tesi ci si è chiesto cosa sarebbe accaduto qualora questa mancanza fosse stata scoperta all'arrivo.
A tal proposito io sostengo (è un'ipotesi!) che sarebbe stata obbligatoria l'integrazione in francobolli a completamento della tariffa complessivamente dovuta, che andava calcolata per le tariffe e per i servizi chiesti al momento della partenza.
Spero che la tesi, così esposta, sia chiara.

Per aver un quadro più completo, conviene richiamare le normative operanti a riguardo, trascrivendole in corsivo, mentre i commenti continuano ad essere in caratteri ordinari.
Articoli estratti dall’ “Istruzione per il servizio delle corrispondenze postali interne ed internazionali” del 1908.

“art. 176 - L’impiegato al quale è presentato un oggetto di corrispondenza da raccomandarsi a pagamento, osserva prima di tutto se l’oggetto si trovi nelle condizioni stabilite, vi applica i francobolli necessari alla francatura, li annulla e lo descrive sul registro mod. 22, rilasciandone ricevuta al mittente […]”.

“art. 196 - Le assicurate eventualmente accettate per somme eccedenti i limiti stabiliti sono assoggettate al seguente trattamento nel servizio interno:
a) se l’errore sia rilevato prima della partenza degli oggetti indebitamente accettati, questi debbono essere restituiti ai mittenti, con le solite cautele, rimborsando loro le tasse pagate, il cui importo deve restare a carico degli agenti che hanno accettato siffatti oggetti; la stessa procedura deve eseguirsi per oggetti non ancora partiti, ma soltanto trasmessi all’ufficio principale di una città, od all’ufficio di stazione o di porto, da altri uffici della stessa città;
b) se l’errore sia rilevato dopo la partenza degli oggetti, questi debbono esser fatti proseguire fino a destinazione, informandone in un tempo il Ministero e le Direzioni provinciali da cui dipendono gli uffici speditori mediante verbale mod.13, in cui sia dichiarato anche l’importo delle tasse riscosse per la spedizione degli oggetti stessi.
Se la località di destinazione è servita da un ufficio di 3a classe, o da collettoria, la lettera si rimette per la distribuzione all’ufficio di 1a o di 2a classe più vicino a quello di 3a classe, od a quello da cui dipende la collettoria. Trattandosi di assicurata eccedente il valore di L. 50, ma non di L. 100, diretta a località servita da collettoria, la si rimetta all’ufficio di 1a, 2a o 3a classe più vicino alla collettoria.
In entrambi i casi, il primo ufficio di transito che rileva l’errore deve scrivere sulla lettera con inchiostro rosso il nome dell’ufficio di 1a, 2a o 3a classe (secondo i casi) che deve distribuire la lettera e chiudere fra parentesi il nome della località indicata dal mittente sulla lettera stessa, come luogo di destinazione […]”


“art. 197 - Gli uffici che hanno accettato o dato corso a lettere assicurate contravvenendo ad una qualsiasi delle disposizioni degli art.195 e 196 sono responsabili delle conseguenze che ne derivassero.”

Può esser utile ricordare che le assicurate erano obbligatoriamente raccomandate. Inoltre c’è da considerare che “i limiti stabiliti” citati sono quelli del valore massimo assicurabile in funzione dell’importanza dell’ufficio accettante, per cui questo articolo prescrive indicazioni in casi di superamento di quei limiti di valore, lasciando purtroppo solo supporre trattamenti analoghi per il caso ipotizzato in oggetto, senza alcuna menzione specifica.
L’art.197 attribuisce chiaramente la responsabilità dell’errore e le relative conseguenze all’ufficio accettante.

“art.225 - se qualche oggetto raccomandato od assicurato ha corso erroneamente senza francatura, o con francatura insufficiente, la relativa tassa fa carico all’ufficio postale di origine.
Il primo ufficio che si avvede dell’errore ripara alla mancanza od alla deficienza nei modi nei modi indicati dall’art.815.”


L’art.225 chiarisce che l’integrazione della tariffa mancante deve essere a cura dell’ufficio che ne scopre l’ammanco ed a spese dell’ufficio che l’ha erroneamente accettata in difetto di affrancatura.<

“art.815 – le corrispondenze raccomandate (1) od assicurate a pagamento, di provenienza interna, non francate, o francate insufficientemente, dirette all’interno o all’estero debbono essere assoggettate al trattamento seguente:
Il primo ufficio che rileva la mancanza o la insufficienza dei francobolli, provvede applicando i francobolli necessari e constata l’irregolarità mediante verbale mod.41, in doppio esemplare.
Sul modello 41 deve indicarsi oltre l’origine, la data, ed il numero, anche l’indirizzo, la destinazione ed il peso dell’oggetto, nonché, trattandosi di francatura insufficiente, il numero ed il valore dei francobolli appostivi dall’ufficio di impostazione.
Uno di tali modelli si trasmette alla Direzione provinciale da cui dipende l’ufficio di origine, per ottenere il rimborso dei francobolli apposti, l’altro si conserva nell’ufficio per discarico, fino a quando perviene il rimborso.
La Direzione provinciale segnala l’irregolarità al dipendente ufficio, si fa rimettere i francobolli dovuti, e li spedisce con raccomandazione assieme al modello 41 all’ufficio al quale spettano.
Ai responsabili di siffatti errori o mancanze possono, all’evenienza, applicarsi punizioni disciplinari […]”


Nota (1) indicata nel primo rigo: “Quelle cioè la cui tassa di francatura deve essere pagata anticipatamente e non già quelle la cui tassa fa carico al destinatario, nei sensi dell’art.401”
L’art. 401 fa riferimento agli invii in riduzione o in esenzione di tasse.
Giova precisare che la nota (1) sembra esplicare chiaramente che il discriminante per vincolo di integrazione in caso di erronea accettazione di raccomandate non interamente affrancate è l’obbligatorietà del pagamento del servizio da parte del mittente.
Giova tener presente che anche il servizio espresso è a francatura obbligatoria (ossia non facoltativa, ovvero non addebitabile al destinatario), come anche la posta pneumatica e quella aerea.

Facendo una breve parentesi (in color blu), chiarisco quanto avveniva per la posta non raccomandata in espresso con affrancatura non sufficiente. In caso di mancata affrancatura almeno sufficiente al solo servizio per espresso su un oggetto ordinario, questo sarebbe proseguito come espresso e tassato dei porti mancanti (l’affrancatura dei porti era facoltativa, quindi ascrivibile anche a carico del destinatario); alternativamente in caso di mancata affrancatura non sufficiente nemmeno al solo servizio per espresso su un oggetto ordinario, questo sarebbe stato recapitato come posta ordinaria.

Chiudendo la precedente parentesi, torno a riferirmi ora alla posta in raccomandazione.
Suggerisco una riflessione: di fatto io non ho memoria :oops: -bontà vostra se potreste segnalarmele :) - raccomandate il cui servizio (a francatura obbligatoria) è stato corrisposto, mentre il porto (normalmente a francatura obbligatoria) risulti interamente non affrancato. Se questa linea di pensiero fosse corretta, si potrebbe giungere ad affermare che la francatura di un oggetto in raccomandazione doveva essere completa in partenza, persino delle tasse altrimenti facoltative per il mittente.

All’uopo l’art. 46 dell’ “Approvazione del regolamento di esecuzione dei titoli I e II del libro 1° del Codice postale e delle telecomunicazioni” del 1940, facendo riferimento al costo del servizio di fermo posta, afferma che “[…] Il diritto fisso deve essere obbligatoriamente corrisposto per intero dal mittente per la corrispondenza raccomandata od assicurata diretta fermo in posta […]”.
Ora c’è da chiedersi: cosa sarebbe accaduto nel caso di una raccomandata espressa, scoperta carente di affrancatura?
Applicando per naturale estensione la logica contenuta nella predetta nota (1), i servizi chiesti, a francatura obbligatoria del mittente, ma non completamente corrisposti su un oggetto raccomandato avrebbero dovuto essere integrati.
Ampliando quanto prescritto nel 1908, come già detto, attraverso l’osservazione dei documenti è stata rilevata l’irreperibilità di raccomandate mancanti del porto, lasciando intendere che anche la semplice corresponsione del porto divenisse da facoltativa ad obbligatoria in caso di raccomandazione.
In ultimo si è letto che nel 1940 il servizio di fermo in posta doveva esser pagato esclusivamente dal mittente, qualora questo avesse gravato su una raccomandata.
Tutti elementi che sembrano convergere verso la tesi iniziale.

Potrebbe, in fine, esser utile soffermarsi su un’evidenza apparentemente banale finora non accennata, ma che invece potrebbe ulteriormente avvalorare il ragionamento.
Ipotizzando un oggetto postale raccomandato in espresso, ma carente di affrancatura, si presterebbe ad un indefinibile dubbio di attribuzione: quale dei due servizi (nota bene: entrambi a francatura obbligatoria da parte del mittente) non sarebbe stato integralmente corrisposto? :D BHO? :D :D :D
Ora come allora questa indeterminatezza sarebbe stata e resterebbe ancora oggi ragionevolmente impossibile da stabilire.
E’ sciocco persino chiederselo, per cui la domanda stessa fa sorridere. E’ un uovo di Colombo, che tuttavia risulta utile per comprendere che l’integrazione del mancante si sarebbe potuta operare sulla scorta della chiara volontà del mittente all’adesione ai due servizi (raccomandazione ed espresso) e dall’impossibilità di escluderne arbitrariamente uno, piuttosto che l’altro.

In fondo, nel perseguire l’errore il senso giuridico della norma postale (che prevede l’obbligo di integrazione...) appare quello di ristabilire la legittimità della spedizione secondo l’intenzione originaria del mittente: non potrebbe essere diversamente, giacché altrimenti risulterebbe un vizio non ascrivibile al mittente, che risulterebbe leso nel suo diritto di aderire liberamente ai due servizi postali nei modi indicati dagli operatori di sportello accettanti.

Per mere ragioni di profitto, inoltre, le Poste avrebbero preferito l’attribuzione dei servizi chiaramente segnalati dal mittente, nella consapevolezza che queste sarebbero state certamente recuperate dall’ufficio che aveva erroneamente accettato l’oggetto in raccomandazione.

A corredo di tutti questi ragionamenti, purtroppo, non esiste sufficiente materiale per costituire una casistica di raccomandate in espresso, accettate con tariffa carente, integrate a destino e recapitate come espressi.
A riscontro della mia tesi, per cui in caso di scoperto ammanco di affrancatura su una raccomandata espresso l'integrazione a destino era dovuta ed il servizio espresso doveva esser espletato, propongo di osservare l'ultimo esempio a pag. 411 del Sirotti (seconda edizione), che mostra un integrazione di dieci centesimi a destinazione su una raccomandata in espresso.
Per chi non disponesse di quel testo, può comodamente osservare la stessa lettera all'esempio n°9 con approfondita didascalia qui: https://espressirsi.wordpress.com/2015/ ... i-tassati/

Chiunque voglia intervenire pubblicando materiale o anche solo offrendo la propria esperienza o in esercizio di logica è il benvenuto: sebbene aperto da me il post non è personale, ma pubblico, scritto in nome del confronto e della condivisione. Si tenga conto, di grazia, che per scrivere di questo argomento è stato necessario dar fondo ad entusiasmo ed impegno, perché la materia è assai ostica ed il materiale di riferimento scarseggia: abbiate pazienza per gli errori, che vi invito a segnalarne se ne riscontrate.
Qui non conta aver ragione sugli altri, ma cercar di venire assieme a capo della più probabile corretta interpretazione delle norme in uso al tempo.

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MessaggioInviato: 02/09/2016, 7:18 
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Argomento molto interessante e, come sempre, affrontato in modo documentato.

L'unica osservazione che mi sento di aggiungere, per ora, riguarda la richiesta di servizi da parte del mittente: la normativa citata veniva applicata quando era chiaro cosa avesse chiesto il mittente, ma come avveniva questa richiesta?
Certamente risultava sulla ricevuta rilasciata dall'addetto postale per la corrispondenza registrata ma doveva, necessariamente, essere presente in qualche modo sulla busta e quanto erano vincolanti queste indicazioni sulla busta?

In altre parole, la scritta espresso su una busta raccomandata o su una assicurata é sufficiente a farci dire che fosse stato effettivamente richiesto il servizio di recapito espresso, in assenza completa di affrancatura per tale servizio, se all'atto della spedizione sulla documentazione tale servizio non era invece specificato?

Quante buste riportavano a stampa o manoscritto Posta Aerea (mai cancellata, nemmeno con un tratto di matita), senza che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto e quindi pagato?
Il servizio di posta aerea era, al pari della posta pneumatica e del recapito espresso, una tassa obbligatoria eppure la sola indicazione sulla busta non significa affatto che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto.

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MessaggioInviato: 02/09/2016, 20:16 
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Faccio i miei complimenti a Martino per l'esposizione e le ricerche effettuate (ma dove hai trovato la pubblicazione della normativa postale del 1908? :o ).
Sicuramente l'argomento è di difficile interpretazione, soprattutto a causa della cronica mancanza di documenti che ne attestino l'operatività. Porti quell'esempio di raccomandata espresso in RSI, che penso sia un pezzo più unico che raro, ma io sinceramente non penso di aver mai visto neanche raccomandate semplici con "integrazioni d'ufficio". Può essere che mi siano sfuggite...ma io ho un certo naso per queste cose particolari. Per capire quanto possa essere stata utilizzata questa operatività, ho provato allora ad effettuare una ricerca sia su eBay che delcampe di questo mod.41, di cui tu citi la normativa che ne impone l'uso. Ebbene, su oltre un milione di lotti in vendita ne ho trovato solo uno! Effettivamente utilizzato per lo scopo in oggetto:
http://www.ebay.it/itm/Mod-41del-1966-P ... xUutGbGg6g
Siccome però si riscontrano con una certa frequenza delle raccomandate non in tariffa (sia sotto che sovraffrancate) anche non filateliche, non capisco come mai le integrazioni d'ufficio siano così rare. Forse la procedura era così complessa e burocratica che si decideva di soprassedere per importi magari irrisori?
Attendiamo illustri commenti in merito


:?: :?:

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Andy66

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Ringrazio gli intervenuti a nome mio e di quanti possan esser interessati a quest'approfondimento.
Per fortuna sono state poste delle osservazioni, per cui colgo l'occasione per confrontarci in merito.

Ricercatore ha scritto:
L'unica osservazione che mi sento di aggiungere, per ora, riguarda la richiesta di servizi da parte del mittente: la normativa citata veniva applicata quando era chiaro cosa avesse chiesto il mittente, ma come avveniva questa richiesta?
Certamente risultava sulla ricevuta rilasciata dall'addetto postale per la corrispondenza registrata ma doveva, necessariamente, essere presente in qualche modo sulla busta e quanto erano vincolanti queste indicazioni sulla busta?

In altre parole, la scritta espresso su una busta raccomandata o su una assicurata é sufficiente a farci dire che fosse stato effettivamente richiesto il servizio di recapito espresso, in assenza completa di affrancatura per tale servizio, se all'atto della spedizione sulla documentazione tale servizio non era invece specificato?


A mio giudizio quel che gentilmente scrive Ricercatore è esatto nella tesi in premessa, ma giunge ad un'ipotesi che non condivido.
La sua tesi, che io stimo più che corretta, è che per aver certezza degli eventuali servizi aggiuntivi richiesti su una missiva raccomandata avremmo dovuto disporre della sua ricevuta.
Per motivi di assenza di ricevute, non rresta che limitarci a far supposizioni con gli unici elementi ancora disponibili, che non son probatori, ma solo indiziari.
Faccio un esempio in proposito: se su una busta raccomandata fosse presente anche l'annotazione coeva "ESPRESSO", quantunque il costo del servizio non fosse stato corrisposto nell'affrancatura per errore dell'addetto postale accettante, questo non potrebbe bastare per esser matematicamente certi che la chiara originaria intenzione del mittente si sia poi concretizzata e, quindi, sia stata poi riportata anche nella sua ricevuta di spedizione (giacché indisponibile).
Scartata l'ovvia impossibilità di dimostrazione di certezza, ora si passa ad una ragionevolissima congettura: se l'addetto accettante non avrà cancellato la scritta "ESPRESSO", allora è logico ipotizzare che il servizio fosse stato chiesto e riportato anche sulla ricevuta (che resta indisponibile per il riscontro).
Affermo semplicemente che in assenza di prove inconfutabili (indisponibilità delle ricevute) le uniche prove indiziarie siano sufficienti a tirar fuori la più probabile delle ricostruzioni della genesi dell'oggetto.

Ora, scherzando un po’ per alleggerire questi tecnicismi, volendo evitare questioni di lana caprina :) , suggerisco di riflettere sull'acclarata evidenza per cui quasi tutta la ricerca storica (e non sono quella storico postale) si fonda su supposizioni che convergono verso la più probabile delle ricostruzioni. E' questa un'azione intellettiva che, più o meno consapevolmente compiamo quotidianamente, giacché anche nelle nostre più banali decisioni non possiamo sempre disporre di informazioni certe, ma ci tocca operare scelte assumendo elementi sulla scorta dell'esperienza e dell'osservazione.
Per quanto si voglia giocare tra amici, Ricercatore offre uno spunto interessante per ragionare in modo più ampio sul metodo.
E', in fondo, una questione di metodo: può esser utile ricordare, se siam sostanzialmente d'accordo, che il ruolo dello storico postale è quello di ricercare la più probabile realtà storica di un oggetto -ed io aggiungerei- non accontentandosi di farla raccontare dagli altri, ma di giungervi attraverso lo studio delle norme, la ricostruzione delle consuetudini e la verifica documentale ESISTENTE.
Concludo questo passaggio riassumendo che, vista l'indisponibilità delle ricevute delle raccomandate (ma quanti di voi possiedono ricevute accoppiate a raccomandate regolarmente consegnate, ossia non rispedite al mittente???) la più probabile ricostruzione deve potersi fondare su indizi inequivocabili e verificabili, che conducono a ragionevoli supposizioni.

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Ricercatore ha scritto:
Quante buste riportavano a stampa o manoscritto Posta Aerea (mai cancellata, nemmeno con un tratto di matita), senza che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto e quindi pagato?
Il servizio di posta aerea era, al pari della posta pneumatica e del recapito espresso, una tassa obbligatoria eppure la sola indicazione sulla busta non significa affatto che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto.


Una parte della corrispondenza NON RACCOMANDATA per la quale sulla busta si riscontrava l'annotazione manoscritta fu inoltrata per canali ordinari terresti, laddove questo servizio a francatura obbligatoria non era stato sufficientemente corrisposto dal mittente. Tutto vero, quanto però fuorviante, perché pone sullo stesso pianto posta raccomandata e non.
Questo post prende in esame SOLO la posta in raccomandata (e per estensione naturale anche quella in assicurata), perché della responsabilità della sua corretta affrancatura si doveva far carico l'addetto postale accettante (che si presume dovesse conoscere sufficientemente sia la disponibilità dei servizi nel quadro geopolitico, che i regolamenti vigenti); poiché la posta ordinaria veniva, invece, ordinariamente imbucata in una casetta postale, la responsabilità di carenze od errori era a carico del mittente, per cui era prevista una diversa trattazione da parte di uffici postali.
Non confondiamoci.

In questo post, dunque, io sostengo che se il mittente avesse annotato sulla busta una indicazione di un ulteriore servizio "a francatura obbligatoria" su una busta raccomandata (ivi compreso quello di fermo posta, che ordinariamente era "a francatura facoltativa" , ma -come già ricordato- diventava "a francatura obbligatoria" per le raccomandate) è ragionevole supporre che questa richiesta del mittente avrebbe dovuto esser trascritta sulla ricevuta e procedere secondo i servizi chiesti, anche in caso di erroneo computo in difetto dell'ammontare dell'affrancatura corrisposta dal mittente.
Tutti i servizi aggiuntivi, quali: espresso, posta pneumatica, posta aerea e persino fermo posta, così come lo stesso pagamento integrale del porto (anch'esso facoltativo SOLO per la posta ordinaria), in caso di raccomandazione dovevano esser corrisposti dal mittente con responsabilità dell’ufficio accettante.
E' stato acclarato che a doversi curare dell'effettiva completa corresponsione di quanto dovuto era l'ufficio accettante: in caso di errore in difetto su quanto dovuto, se scoperto a destino, la missiva avrebbe dovuto essere integrata del mancante a cura dell'ufficio che l'avesse scoperto ed a spese dell'ufficio mittente.
Quel che si cerca di comprendere era l'entità dell'integrazione che andava realizzata: io propongo, per logica esposta, che anche i servizi indicati dal mittente dovessero esser corrisposti nell'integrazione prevista, giacché altrimenti le Poste avrebbero subito un danno per il mancato servizio ed il mittente sarebbe stato limitato nella sua libertà per un errore non a lui imputabile, perché commesso dall'ufficio accettante, che era tenuto alla totale responsabilità nell’accettazione delle raccomandate.

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Quando l’amico Ricercatore conclude affermando:
Ricercatore ha scritto:
[…] eppure la sola indicazione sulla busta non significa affatto che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto.
dice qualcosa che meriterebbe maggior attenzione.
Vista la penuria di raccomandate con servizi aggiuntivi non correttamente affrancate, c’è da chiedersi come possa esser possibile reperirle addirittura corredate dalle relative ricevute.
L’indicazione del mittente -soprattutto se certamente coeva- , se non può esser assunta come prova certa, va intesa sicuramente intesa come l’indizio più importante che suggerisce la più probabile intenzione di richiesta del servizio.
A questa affermazione dell’amico Ricercatore, a cui rinnovo la mia più grata considerazione e stima, va letta con attenzione e buon senso: ognuno di noi dovrebbe, se ne avesse voglia, soffermarsi su un’evidenza incontrovertibile, per la quale in storia postale non possiamo affermare esclusivamente ciò di cui abbiamo prova certa, altrimenti non avanzeremmo che per ovvietà, esaurite la quali non procederemmo affatto.
Si procede ragionevolmente per ipotesi e tesi, confrontandoci non per stabilire la certezza storica (che sfugge persino a coloro che han vissuto quei momenti settant’anni fa! :) ), ma solo la più probabile.

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MessaggioInviato: 04/09/2016, 12:08 
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rogerbarrett ha scritto:
Ringrazio gli intervenuti a nome mio e di quanti possan esser interessati a quest'approfondimento.
Per fortuna sono state poste delle osservazioni, per cui colgo l'occasione per confrontarci in merito.

Ricercatore ha scritto:
L'unica osservazione che mi sento di aggiungere, per ora, riguarda la richiesta di servizi da parte del mittente: la normativa citata veniva applicata quando era chiaro cosa avesse chiesto il mittente, ma come avveniva questa richiesta?
Certamente risultava sulla ricevuta rilasciata dall'addetto postale per la corrispondenza registrata ma doveva, necessariamente, essere presente in qualche modo sulla busta e quanto erano vincolanti queste indicazioni sulla busta?

In altre parole, la scritta espresso su una busta raccomandata o su una assicurata é sufficiente a farci dire che fosse stato effettivamente richiesto il servizio di recapito espresso, in assenza completa di affrancatura per tale servizio, se all'atto della spedizione sulla documentazione tale servizio non era invece specificato?


A mio giudizio quel che gentilmente scrive Ricercatore è esatto nella tesi in premessa, ma giunge ad un'ipotesi che non condivido.
La sua tesi, che io stimo più che corretta, è che per aver certezza degli eventuali servizi aggiuntivi richiesti su una missiva raccomandata avremmo dovuto disporre della sua ricevuta.
Per motivi di assenza di ricevute, non rresta che limitarci a far supposizioni con gli unici elementi ancora disponibili, che non son probatori, ma solo indiziari.
Faccio un esempio in proposito: se su una busta raccomandata fosse presente anche l'annotazione coeva "ESPRESSO", quantunque il costo del servizio non fosse stato corrisposto nell'affrancatura per errore dell'addetto postale accettante, questo non potrebbe bastare per esser matematicamente certi che la chiara originaria intenzione del mittente si sia poi concretizzata e, quindi, sia stata poi riportata anche nella sua ricevuta di spedizione (giacché indisponibile).
Scartata l'ovvia impossibilità di dimostrazione di certezza, ora si passa ad una ragionevolissima congettura: se l'addetto accettante non avrà cancellato la scritta "ESPRESSO", allora è logico ipotizzare che il servizio fosse stato chiesto e riportato anche sulla ricevuta (che resta indisponibile per il riscontro).
Affermo semplicemente che in assenza di prove inconfutabili (indisponibilità delle ricevute) le uniche prove indiziarie siano sufficienti a tirar fuori la più probabile delle ricostruzioni della genesi dell'oggetto.

Ora, scherzando un po’ per alleggerire questi tecnicismi, volendo evitare questioni di lana caprina :) , suggerisco di riflettere sull'acclarata evidenza per cui quasi tutta la ricerca storica (e non sono quella storico postale) si fonda su supposizioni che convergono verso la più probabile delle ricostruzioni. E' questa un'azione intellettiva che, più o meno consapevolmente compiamo quotidianamente, giacché anche nelle nostre più banali decisioni non possiamo sempre disporre di informazioni certe, ma ci tocca operare scelte assumendo elementi sulla scorta dell'esperienza e dell'osservazione.
Per quanto si voglia giocare tra amici, Ricercatore offre uno spunto interessante per ragionare in modo più ampio sul metodo.
E', in fondo, una questione di metodo: può esser utile ricordare, se siam sostanzialmente d'accordo, che il ruolo dello storico postale è quello di ricercare la più probabile realtà storica di un oggetto -ed io aggiungerei- non accontentandosi di farla raccontare dagli altri, ma di giungervi attraverso lo studio delle norme, la ricostruzione delle consuetudini e la verifica documentale ESISTENTE.
Concludo questo passaggio riassumendo che, vista l'indisponibilità delle ricevute delle raccomandate (ma quanti di voi possiedono ricevute accoppiate a raccomandate regolarmente consegnate, ossia non rispedite al mittente???) la più probabile ricostruzione deve potersi fondare su indizi inequivocabili e verificabili, che conducono a ragionevoli supposizioni.

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Ricercatore ha scritto:
Quante buste riportavano a stampa o manoscritto Posta Aerea (mai cancellata, nemmeno con un tratto di matita), senza che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto e quindi pagato?
Il servizio di posta aerea era, al pari della posta pneumatica e del recapito espresso, una tassa obbligatoria eppure la sola indicazione sulla busta non significa affatto che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto.


Una parte della corrispondenza NON RACCOMANDATA per la quale sulla busta si riscontrava l'annotazione manoscritta fu inoltrata per canali ordinari terresti, laddove questo servizio a francatura obbligatoria non era stato sufficientemente corrisposto dal mittente. Tutto vero, quanto però fuorviante, perché pone sullo stesso pianto posta raccomandata e non.
Questo post prende in esame SOLO la posta in raccomandata (e per estensione naturale anche quella in assicurata), perché della responsabilità della sua corretta affrancatura si doveva far carico l'addetto postale accettante (che si presume dovesse conoscere sufficientemente sia la disponibilità dei servizi nel quadro geopolitico, che i regolamenti vigenti); poiché la posta ordinaria veniva, invece, ordinariamente imbucata in una casetta postale, la responsabilità di carenze od errori era a carico del mittente, per cui era prevista una diversa trattazione da parte di uffici postali.
Non confondiamoci.

In questo post, dunque, io sostengo che se il mittente avesse annotato sulla busta una indicazione di un ulteriore servizio "a francatura obbligatoria" su una busta raccomandata (ivi compreso quello di fermo posta, che ordinariamente era "a francatura facoltativa" , ma -come già ricordato- diventava "a francatura obbligatoria" per le raccomandate) è ragionevole supporre che questa richiesta del mittente avrebbe dovuto esser trascritta sulla ricevuta e procedere secondo i servizi chiesti, anche in caso di erroneo computo in difetto dell'ammontare dell'affrancatura corrisposta dal mittente.
Tutti i servizi aggiuntivi, quali: espresso, posta pneumatica, posta aerea e persino fermo posta, così come lo stesso pagamento integrale del porto (anch'esso facoltativo SOLO per la posta ordinaria), in caso di raccomandazione dovevano esser corrisposti dal mittente con responsabilità dell’ufficio accettante.
E' stato acclarato che a doversi curare dell'effettiva completa corresponsione di quanto dovuto era l'ufficio accettante: in caso di errore in difetto su quanto dovuto, se scoperto a destino, la missiva avrebbe dovuto essere integrata del mancante a cura dell'ufficio che l'avesse scoperto ed a spese dell'ufficio mittente.
Quel che si cerca di comprendere era l'entità dell'integrazione che andava realizzata: io propongo, per logica esposta, che anche i servizi indicati dal mittente dovessero esser corrisposti nell'integrazione prevista, giacché altrimenti le Poste avrebbero subito un danno per il mancato servizio ed il mittente sarebbe stato limitato nella sua libertà per un errore non a lui imputabile, perché commesso dall'ufficio accettante, che era tenuto alla totale responsabilità nell’accettazione delle raccomandate.

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Quando l’amico Ricercatore conclude affermando:
Ricercatore ha scritto:
[…] eppure la sola indicazione sulla busta non significa affatto che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto.
dice qualcosa che meriterebbe maggior attenzione.
Vista la penuria di raccomandate con servizi aggiuntivi non correttamente affrancate, c’è da chiedersi come possa esser possibile reperirle addirittura corredate dalle relative ricevute.
L’indicazione del mittente -soprattutto se certamente coeva- , se non può esser assunta come prova certa, va intesa sicuramente intesa come l’indizio più importante che suggerisce la più probabile intenzione di richiesta del servizio.
A questa affermazione dell’amico Ricercatore, a cui rinnovo la mia più grata considerazione e stima, va letta con attenzione e buon senso: ognuno di noi dovrebbe, se ne avesse voglia, soffermarsi su un’evidenza incontrovertibile, per la quale in storia postale non possiamo affermare esclusivamente ciò di cui abbiamo prova certa, altrimenti non avanzeremmo che per ovvietà, esaurite la quali non procederemmo affatto.
Si procede ragionevolmente per ipotesi e tesi, confrontandoci non per stabilire la certezza storica (che sfugge persino a coloro che han vissuto quei momenti settant’anni fa! :) ), ma solo la più probabile.


Mi piacciono queste discussioni in cui ci si confronta su argomenti di interesse generale.
Condivido alcune affermazioni, soprattutto quelle teoriche, ma credo che ci siano dei limiti che non potevano e non possono essere superati.
Se l'ufficio accettante una raccomandata per posta aerea, regolarmente affrancata, risponde certamente della raccomandazione, trovo difficile che possa rispondere anche dell'invio per posta aerea (in assenza di dolo o di errori fatti in buona fede) se a sua volta doveva indirizzarlo ad altro ufficio per competenza.
Tu sai, per esempio, che la corrispondenza diretta all'estero doveva necessariamente transitare per determinati uffici che fungevano da raccolta e inoltro, per cui la responsabilità dell'ufficio di accettazione come poteva coprire la responsabilità di uffici intermedi che nemmeno erano noti all'addetto postale?

Quante raccomandate per l'estero per posta aerea erano regolarmente affrancate in tariffa per il trasporto aereo eppure viaggiarono via treno?
A questo mi riferivo, quando facevo riferimento all'indicazione di posta aerea presente sulle buste per l'estero, che fossero o meno di corrispondenza registrata (in entrambi i casi non potevano essere semplicemente imbucate).
In parole povere, a fronte di una busta in perfetta tariffa per posta aerea per l'estero, non basta di certo l'indicazione "posta aerea" per consentirci di dire che effettivamente quella busta avesse viaggiato col mezzo aereo.

Per poter fare questa affermazione, ci servono delle prove o almeno degli indizi POSTALI che ci consentano di fare delle valutazioni, di sicuro non la sola indicazione del mittente.
Prendiamo il caso di una assicurata spedita per espresso per l'interno: se nella tariffa non c'è traccia del costo dell'espresso e sulla busta non c'è nulla, tranne l'indicazione del mittente, che ci possa autorizzare a pensare ad un invio espresso, come si può sostenere che quella busta abbia fruito del servizio di recapito espresso?

Il problema allora è capire quali siano gli indizi "necessari ma non sufficienti" (esempio: pagamento della tariffa necessaria per il servizio) e quali quelli "necessari e sufficienti" (per esempio la presenza di un talloncino di una agenzia recapito espressi) che ci consentano di provare (mi dispiace, ma le cose devono essere provate, non semplicemente ipotizzate) la fruizione di un servizio.

Può una busta, senza alcun segno POSTALE, aver fruito di un recapito espresso?
A mio parere no.

Il problema si riconduce a questo.
Se avesse dei segni postali potrebbe esistere il dubbio, ma se questi segni non ci sono, perdonami ma non esiste nemmeno il dubbio ed è assurdo fare ipotesi in assenza di indizi (e la sola indicazione del mittente non è un indizio).

Ciao

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Ricercatore ha scritto:
Mi piacciono queste discussioni in cui ci si confronta su argomenti di interesse generale.

Il merito è principalmente tuo (...e pochi altri), perché continui a creare sensibilità attorno alla ricerca ed allo studio, è normale che poi ti ritrovi in compagnia di persone
che vanno via via formandosi e, magari, pian piano diventan sempre più preparate e collaborative.
In questo forum SENZA PADRONI INGERENTI pare ci sia spazio per essere noi stessi e far bene assieme: siamolo, dunque, e facciamolo.
Bravo Ricercatore, ma bravi anche gli altri: segnalo piacevolmente di ricevere alcune telefonate settimanali sugli argomenti di questo forum, per cui ci son persone che leggono, s'interrogano e s'appassionano...
C'è il rischio che se ci costituissimo idealmente in una squadra, in un gruppo di amici, superando piccoli ostacoli di distanze geografiche e preconcetti, potremmo scrivere assieme pagine importanti della nostra passione.
Sono un sognatore? :D Sarà, ma io l'ho sempre vista così, anche quando mi han lasciato da solo a dormire :D :D :D .

Ricercatore ha scritto:
Se l'ufficio accettante una raccomandata per posta aerea, regolarmente affrancata, risponde certamente della raccomandazione, trovo difficile che possa rispondere anche dell'invio per posta aerea (in assenza di dolo o di errori fatti in buona fede) se a sua volta doveva indirizzarlo ad altro ufficio per competenza.


Qui credo di aver potuto creare un equivoco, del quale mi scuso, e colgo l'occasione di chiarirlo. Dall'analisi documentale (...e dal fatto che siamo in Italia! :D ) la più nota indisponibilità dell'effettiva realizzazione di un servizio (ad esempio: in RSI furono assai pochi i dispacci che volarono per posta aerea) sembra non aver quasi mai arrestato la richiesta di pagamento per lo stesso da parte degli uffici postali.
La fondatezza di questa considerazione si rileva facilmente su oggetti postali affrancati per servizi indisponibili (tale condizione era certamente acclarata per gli addetti postali), ma normalmente annullate in tutti i francobolli, anche quando evitando di annullare eventuali valori in eccesso era possibile far risparmiare una spesa inutile al mittente.
A tal proposito si può far riferimento a quanto recentemente già detto (qui: viewtopic.php?f=27&t=3242) per l'annullamento dei francobolli che piagavano sia il servizio fermo posta che quello espresso.

Ricercatore ha scritto:
Tu sai, per esempio, che la corrispondenza diretta all'estero doveva necessariamente transitare per determinati uffici che fungevano da raccolta e inoltro, per cui la responsabilità dell'ufficio di accettazione come poteva coprire la responsabilità di uffici intermedi che nemmeno erano noti all'addetto postale?

Quante raccomandate per l'estero per posta aerea erano regolarmente affrancate in tariffa per il trasporto aereo eppure viaggiarono via treno?
A questo mi riferivo, quando facevo riferimento all'indicazione di posta aerea presente sulle buste per l'estero, che fossero o meno di corrispondenza registrata (in entrambi i casi non potevano essere semplicemente imbucate).
In parole povere, a fronte di una busta in perfetta tariffa per posta aerea per l'estero, non basta di certo l'indicazione "posta aerea" per consentirci di dire che effettivamente quella busta avesse viaggiato col mezzo aereo.
Per poter fare questa affermazione, ci servono delle prove o almeno degli indizi POSTALI che ci consentano di fare delle valutazioni, di sicuro non la sola indicazione del mittente.
Prendiamo il caso di una assicurata spedita per espresso per l'interno: se nella tariffa non c'è traccia del costo dell'espresso e sulla busta non c'è nulla, tranne l'indicazione del mittente, che ci possa autorizzare a pensare ad un invio espresso, come si può sostenere che quella busta abbia fruito del servizio di recapito espresso?

Il problema allora è capire quali siano gli indizi "necessari ma non sufficienti" (esempio: pagamento della tariffa necessaria per il servizio) e quali quelli "necessari e sufficienti" (per esempio la presenza di un talloncino di una agenzia recapito espressi) che ci consentano di provare (mi dispiace, ma le cose devono essere provate, non semplicemente ipotizzate) la fruizione di un servizio.

Può una busta, senza alcun segno POSTALE, aver fruito di un recapito espresso?
A mio parere no.


Per queste ragioni, se la corrispondenza veniva annullata integralmente, ossia anche per la porzione dell'affrancatura per servizi certamente indisponibili (tipo: la posta aerea), allora de facto si deve anche presumere che oggettivamente da parte del mittente la richiesta del servizio fosse lecita e che il pagamento all'ufficio fosse dovuto.
W l'Italia! :D
Poi siam certamente d'accordo che una scritta "per via aerea" sia uno degli ultimi indizi da considerare per aver contezza dell'effettivo invio in aeroplano.
Spero di aver chiarito che io non pretendevo stabilire l'effettiva realizzazione del servizio, ma solo affermare che tale tariffa DOVEVA esser corrisposta SE CHIESTA.
Di qui l'importanza di considerare gli elementi sulla busta che ne segnalano l'intenzione chiara ed inoppugnabile del mittente a richiedere un servizio, a prescindere se lo stesso fosse poi stato eseguito od eseguibile...
C'è l'amico ancaria che ai convegni spesso mi canzona goliardicamente, chiedendomi: <<Se ad un rospo attaccano un cartello con sù scritto "principessa", tu che pensi che sia? una principessa? ..e poi la baci?>> :D
Chiarito, finalmente, che per parlar di un invio per espresso o per posta aerea non basta un'annotazione coeva o di una targhetta, restano valide le considerazioni originarie di questo post:
cosa sarebbe accaduto ad una raccomandata, accettata accidentalmente sotto-affrancata, ma che presentasse la esplicita richiesta del mittente anche a servizi aggiuntivi?
Se annullavano la tariffa addizionale della posta aerea e se la pretendevano pur consci di poter poi trasportare i dispacci in treno, allora sembra logico considerare il pagamento del servizio come dovuto, a prescindere della sua effettiva esecuzione o eseguibilità.
Per i ragionamenti finora espressi io ho stimato che, qualora fosse stata scoperta la carenza dall'ufficio di smistamento, questi servizi dovessero esser corrisposti ad integrazione per tale presunta coerenza di comportamento.

Spero di esser stato più chiaro ad esprimere gli stessi concetti, altrimenti per miei limiti rischiamo di continuare a girare in tondo nella stessa acqua, come pesci nella boccia :)

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Ultima modifica di rogerbarrett il 30/01/2020, 15:45, modificato 1 volta in totale.

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Condivido in toto il post precedente ;)

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Lascio traccia di questa busta, da poco passata in vendita, che magari potrebbe anche rientrare fra le discusse raccomandate in carenza alla partenza (da Cassirano - BS) e successivamente integrate (in transito a Brescia): uso il prudentemente condizionale perché è impossibile accertare se possa davvero trattarsi di un'integrazione, come si potrebbe supporre, o invece di una semplice svista in partenza al momento dell'annullamento dei valori, in cui accidentalmente potrebbe essere sfuggito il francobollo verde in basso da 25cent.


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L’argomento del verificatore e delle lettere con particolare evidenza del suo lavoro è un argomento a me caro e noto da anni ormai.
Sebbene le lettere che mostro non sono del periodo rsi offrono una casistica ampia (ne ho diverse altre) dell’evidenza che quando la lettera è affidata all’ufficio postale, indipendentemente dai servizi richiesti (raccomandata, espresso, via aerea) e riscontata carente di affrancatura in transito, veniva integrata l’intera affrancatura.

La prima lettera è una spedizione in tariffa manoscritti raccomandati (4,80 l.) riscontrata carente (probabilmente non era manoscritti) viene integrata per 1,30 l (in eccesso di 10 c.) a 6 l. ovvero stampe raccomandate.

La seconda lettera è una lettera Racc via aerea riscontrata carente in transito viene integrata perché la tariffa aerea era da poco cambiata.

La terza lettera è una raccomandata espresso affrancata con valori per pacchi postali non ritenuti validi e riaffrancata dal verificatore.

La quarta mostra soltanto l’intervento del verificatore per annullare un fb non annullato in partenza.

Spero che siano di vostro gradimento ed utilità.

Saluti
Aniello


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MessaggioInviato: 02/02/2020, 13:07 
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aniello.veneri ha scritto:
L’argomento del verificatore e delle lettere con particolare evidenza del suo lavoro è un argomento a me caro e noto da anni ormai.
Sebbene le lettere che mostro non sono del periodo rsi offrono una casistica ampia (ne ho diverse altre) dell’evidenza che quando la lettera è affidata all'ufficio postale, indipendentemente dai servizi richiesti (raccomandata, espresso, via aerea) e riscontata carente di affrancatura in transito, veniva integrata l’intera affrancatura.


Ciao Aniello: benvengano i contributi e le eventuali opinioni. Io preferisco occuparmi di RSI, ma in caso l'argomento trattato trovasse naturale espansione in altri periodi sarei ben lieto di leggerne.
In sostanza il forum funziona come punto di incontro, condivisione e scambio di osservazioni con finalità residuale di lasciar traccia per eventuali future ricerche.
E' un piacere, dunque, poter collaborare! :)

aniello.veneri ha scritto:
La prima lettera è una spedizione in tariffa manoscritti raccomandati (4,80 l.) riscontrata carente (probabilmente non era manoscritti) viene integrata per 1,30 l (in eccesso di 10 c.) a 6 l. ovvero stampe raccomandate.


Non leggo con certezza la data di partenza dell'oggetto, ma basandomi sull'annotazione manuale a matita magari sarà il 05.03.1946: nel caso il tariffario riporta che l'affrancatura per "carte manoscritte" raccomandate sarebbe stata 10lire, come variata un mese prima dell'inoltro, ossia dal 01.02.1946.
Ipotizzo che tu abbia fatto riferimento alla precedente tariffa pari a 4,80lire: magari sia il mittente che l'ufficio postale accettante saranno occorsi in errore.
L'integrazione imposta dal verificatore, quindi, avrebbe dovuto essere 5,20lire, qualora egli avesse riscontrato che si trattasse davvero di... "manoscritti" :)
Come poi ben specifichi, evidentemente non riconobbe l'oggetto come rientrante nella categoria spedibile in tariffa "carte manoscritte" (raccomandate) e lo ricondusse ad un invio in tariffa "stampe" (raccomandate), che avrebbero scontato 6lire, con eccedenza di 10cent.
Sinceramente trovo che sarebbe interessante cercare di controllare se quell'oggetto potesse o meno rientrare in quella categoria: se si tratta di un piego, immagino che basterà poterne guardare l'interno.
Ad ogni modo sembra che siamo di fronte ad un invio con tariffa carente con doppio errore: sia per categoria inadatta, che per tariffa variata.
Dunque, "stampe" o "manoscritti"? :geek: Solo tu che (probabilmente) possiedi l'oggetto, potrai eventualmente disporre più approfonditi riscontri.

aniello.veneri ha scritto:
La quarta mostra soltanto l’intervento del verificatore per annullare un fb non annullato in partenza.

Ora qui mi sono grattato il capo e, pur ammettendo che non mi vengano in mente altre possibilità sensate e senza mia alcuna volontà a criticare l'originalità della busta (tra l'altro hai più esperienza della mia ;) ), mi pare quasi incredibile che un'assicurata manchi completamente di annullo in partenza :shock: : ipotizzando che la doppia pesatura (tornata obbligatoria nel periodo dopoguerra a seguito dell'apposizione dei sigilli, come abbiamo già ampiamente imparato qui sul forum :) ) sia stata redatta in partenza, sembra sbalorditivo che allora nessun timbro abbia colpito la missiva.
Ovviamente -ahimè!- nessuno di noi potrà mai essere lì per accertarlo colla macchina del tempo :D e logicamente siamo portati a credere che la spiegazione più semplice (la gravosa svista che indichi) sia da ritenersi la più probabile, ma se mi avessero descritto questo oggetto, senza mostrarmelo, con tutti i miei evidenti limiti sinceramente non avrei creduto al racconto. D'altra parte, appena avrei sentito della località di partenza "ROVATO", mi sarei ricordato della grande quantità di altri oggetti pacchiani (non la tua busta: altri oggetti) creati ad arte per il collezionismo dell'RSI, lasciando intendere una certa eufemistica "disinvoltura" nella condotta dell'ufficio postale dell'epoca.
Avrai anche notato che la scritta "£1000 (mille)" sia in grafia e china diverse sia da quanto vergato nell'indirizzo, che nella pesatura: chissà quale sarà stata la stravagante vicenda di questa busta, certamente ricca di spunti di riflessione.

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MessaggioInviato: 02/02/2020, 13:39 
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Sulla prima lettera appena la recupero dal vivo ti so dire meglio, sulla seconda di cui mi dici a me la grafia e l’inchiostro dell’indirizzo e del valore assicurato mi sembra lo stesso (vedi doppia sottolineatura sia suo valore che sull’indirizzo).
A volte la filatelia è più semplice di quello che può sembrare, poteva senz’altro capitare di non annullare un fb; una delle raccomandazioni che più volte ho letto sui bollettini periodici delle poste era proprio di fare attenzione alla bollatura degli oggetti.
Saluti
Aniello


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