Ringrazio gli intervenuti a nome mio e di quanti possan esser interessati a quest'approfondimento.
Per fortuna sono state poste delle osservazioni, per cui colgo l'occasione per confrontarci in merito.
Ricercatore ha scritto:
L'unica osservazione che mi sento di aggiungere, per ora, riguarda la richiesta di servizi da parte del mittente: la normativa citata veniva applicata quando era chiaro cosa avesse chiesto il mittente, ma come avveniva questa richiesta?
Certamente risultava sulla ricevuta rilasciata dall'addetto postale per la corrispondenza registrata ma doveva, necessariamente, essere presente in qualche modo sulla busta e quanto erano vincolanti queste indicazioni sulla busta?
In altre parole, la scritta espresso su una busta raccomandata o su una assicurata é sufficiente a farci dire che fosse stato effettivamente richiesto il servizio di recapito espresso, in assenza completa di affrancatura per tale servizio, se all'atto della spedizione sulla documentazione tale servizio non era invece specificato?
A mio giudizio quel che gentilmente scrive
Ricercatore è esatto nella tesi in premessa, ma giunge ad un'ipotesi che non condivido.
La sua tesi, che io stimo più che corretta, è che per aver certezza degli eventuali servizi aggiuntivi richiesti su una missiva raccomandata avremmo dovuto disporre della sua ricevuta.
Per motivi di assenza di ricevute, non rresta che limitarci a far supposizioni con gli unici elementi ancora disponibili, che non son probatori, ma solo indiziari.
Faccio un esempio in proposito: se su una busta raccomandata fosse presente anche l'annotazione coeva "ESPRESSO", quantunque il costo del servizio non fosse stato corrisposto nell'affrancatura per errore dell'addetto postale accettante, questo non potrebbe bastare per esser matematicamente certi che la chiara originaria intenzione del mittente si sia poi concretizzata e, quindi, sia stata poi riportata anche nella sua ricevuta di spedizione (giacché indisponibile).
Scartata l'ovvia impossibilità di dimostrazione di certezza, ora si passa ad una ragionevolissima congettura: se l'addetto accettante non avrà cancellato la scritta "ESPRESSO", allora è logico ipotizzare che il servizio fosse stato chiesto e riportato anche sulla ricevuta (che resta indisponibile per il riscontro).
Affermo semplicemente che in assenza di prove inconfutabili (indisponibilità delle ricevute) le uniche prove indiziarie siano sufficienti a tirar fuori la più probabile delle ricostruzioni della genesi dell'oggetto.
Ora, scherzando un po’ per alleggerire questi tecnicismi, volendo evitare questioni di
lana caprina , suggerisco di riflettere sull'acclarata evidenza per cui quasi tutta la ricerca storica (e non sono quella storico postale) si fonda su supposizioni che convergono verso la più probabile delle ricostruzioni. E' questa un'azione intellettiva che, più o meno consapevolmente compiamo quotidianamente, giacché anche nelle nostre più banali decisioni non possiamo sempre disporre di informazioni certe, ma ci tocca operare scelte assumendo elementi sulla scorta dell'esperienza e dell'osservazione.
Per quanto si voglia giocare tra amici,
Ricercatore offre uno spunto interessante per ragionare in modo più ampio sul metodo.
E', in fondo,
una questione di metodo: può esser utile ricordare, se siam sostanzialmente d'accordo, che
il ruolo dello storico postale è quello di ricercare la più probabile realtà storica di un oggetto -ed io aggiungerei- non accontentandosi di farla raccontare dagli altri, ma di giungervi attraverso lo studio delle norme, la ricostruzione delle consuetudini e la verifica documentale ESISTENTE.
Concludo questo passaggio riassumendo che,
vista l'indisponibilità delle ricevute delle raccomandate (ma quanti di voi possiedono ricevute accoppiate a raccomandate regolarmente consegnate, ossia non rispedite al mittente???)
la più probabile ricostruzione deve potersi fondare su indizi inequivocabili e verificabili, che conducono a ragionevoli supposizioni.--------------------------
Ricercatore ha scritto:
Quante buste riportavano a stampa o manoscritto Posta Aerea (mai cancellata, nemmeno con un tratto di matita), senza che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto e quindi pagato?
Il servizio di posta aerea era, al pari della posta pneumatica e del recapito espresso, una tassa obbligatoria eppure la sola indicazione sulla busta non significa affatto che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto.
Una parte della corrispondenza NON RACCOMANDATA per la quale sulla busta si riscontrava l'annotazione manoscritta fu inoltrata per canali ordinari terresti, laddove questo servizio
a francatura obbligatoria non era stato sufficientemente corrisposto dal mittente. Tutto vero, quanto però fuorviante, perché pone sullo stesso pianto posta raccomandata e non.
Questo post prende in esame SOLO la posta in raccomandata (e per estensione naturale anche quella in assicurata), perché della responsabilità della sua corretta affrancatura si doveva far carico l'addetto postale accettante (che si presume dovesse conoscere sufficientemente sia la disponibilità dei servizi nel quadro geopolitico, che i regolamenti vigenti); poiché la posta ordinaria veniva, invece, ordinariamente imbucata in una casetta postale, la responsabilità di carenze od errori era a carico del mittente, per cui era prevista una diversa trattazione da parte di uffici postali.
Non confondiamoci.
In questo post, dunque, io sostengo che se il mittente avesse annotato sulla busta una indicazione di un ulteriore servizio
"a francatura obbligatoria" su una busta raccomandata (ivi compreso quello di fermo posta, che ordinariamente era
"a francatura facoltativa" , ma -come già ricordato- diventava
"a francatura obbligatoria" per le raccomandate) è ragionevole supporre che questa richiesta del mittente avrebbe dovuto esser trascritta sulla ricevuta e procedere secondo i servizi chiesti, anche in caso di erroneo computo in difetto dell'ammontare dell'affrancatura corrisposta dal mittente.
Tutti i servizi aggiuntivi, quali: espresso, posta pneumatica, posta aerea e persino fermo posta, così come lo stesso pagamento integrale del porto (anch'esso facoltativo SOLO per la posta ordinaria), in caso di raccomandazione dovevano esser corrisposti dal mittente con responsabilità dell’ufficio accettante.
E' stato acclarato che a doversi curare dell'effettiva completa corresponsione di quanto dovuto era l'ufficio accettante: in caso di errore in difetto su quanto dovuto, se scoperto a destino, la missiva avrebbe dovuto essere integrata del mancante a cura dell'ufficio che l'avesse scoperto ed a spese dell'ufficio mittente.
Quel che si cerca di comprendere era l'entità dell'integrazione che andava realizzata: io propongo, per logica esposta, che anche i servizi indicati dal mittente dovessero esser corrisposti nell'integrazione prevista, giacché altrimenti le Poste avrebbero subito un danno per il mancato servizio ed il mittente sarebbe stato limitato nella sua libertà per un errore non a lui imputabile, perché commesso dall'ufficio accettante, che era tenuto alla totale responsabilità nell’accettazione delle raccomandate.
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Quando l’amico Ricercatore conclude affermando:
Ricercatore ha scritto:
[…] eppure la sola indicazione sulla busta non significa affatto che tale servizio fosse stato effettivamente richiesto.
dice qualcosa che meriterebbe maggior attenzione.
Vista la penuria di raccomandate con servizi aggiuntivi non correttamente affrancate, c’è da chiedersi come possa esser possibile reperirle addirittura corredate dalle relative ricevute.
L’indicazione del mittente -soprattutto se certamente coeva- , se non può esser assunta come prova certa, va intesa sicuramente intesa come l’indizio più importante che suggerisce la più probabile intenzione di richiesta del servizio.
A questa affermazione dell’amico
Ricercatore, a cui rinnovo la mia più grata considerazione e stima, va letta con attenzione e buon senso: ognuno di noi dovrebbe, se ne avesse voglia, soffermarsi su un’evidenza incontrovertibile, per la quale in storia postale non possiamo affermare esclusivamente ciò di cui abbiamo prova certa, altrimenti non avanzeremmo che per ovvietà, esaurite la quali non procederemmo affatto.
Si procede ragionevolmente per ipotesi e tesi, confrontandoci non per stabilire la certezza storica (che sfugge persino a coloro che han vissuto quei momenti settant’anni fa!
), ma solo la più probabile.