michele mainenti ha scritto:
Io invece penso che sia stato falsificato il tutto ...
Sempre cordialmente, Michele Mainenti.
Affermazione grave e azzardata, che come minimo deve essere sostenuta da dati oggettivi...
Vediamo quali sono questi dati, secondo lei:
michele mainenti ha scritto:
Finalmente siamo giunti alla conclusione o quasi, poiché il documento (A SUO PARERE E NON CERTEZZA) è stato firmato da Carraro, posso cominciare ad elencare le certezze per le quali mi sarei astenuto dal firmarlo.
1) La busta "NON" porta l'indirizzo del "MITTENTE". Quindi poteva essere partita anche da "ROMA o NAPOLI".
2) Essendo stata la busta rifilata si è potuto "CANCELLARNE IL MITTENTE VERO".
E per ora basta!
Le altre certezze dovrebbero cominciare a trovarle anche coloro che sono già intervenuti. Basta riflettere un pochino di più sul documento tutto e soprattutto su quello che avreste fatto nei panni del mittente.
A presto e saluti cordialissimi a tutti. Michele Mainenti.
Inizio col sottolineare che lei ha un ben strano concetto di "certezza", visto che le sue "certezze" sono solo sue personalissime opinioni.
In merito alla sua affermazione che l'indicazione del mittente sarebbe una sorta di garanzia dell'invio da una data località, ho i miei dubbi in merito, dato che ho visto decine di buste spedite da un luogo con il mittente che indicava come indirizzo addirittura un'altra città.
La busta riporta sul fronte l'intestazione a stampa della casa editrice, che operò a Milano (da una ricerca in rete si trova subito che aveva sede in via degli Arditi 39 e riprese le pubblicazioni nel dopoguerra, dopo averle cessate nel 1944).
La rifilatura, come chiarito dall'intervento di un altro utente, è di pochi millimetri: ricordo che la busta riporta al fronte l'indicazione del mittente, sebbene non obbligatoria per la corrispondenza spedita tramite impostazione nella buca delle lettere, soprattutto se si trattava di materiale pubblicitario a perdere di cui non si chiedeva la restituzione in caso di mancato recapito.
Il contenuto della busta non era un semplice foglio, come alcuni elementi oggettivi ci consentono di ipotizzare: la tariffa è per un doppio porto per il distretto, quindi il contenuto della busta aveva un certo peso, e la doppia piega della busta per l'inserimento nel bossolo della posta pneumatica evidenzia lo spessore del contenuto della busta.
Il "mittente vero" del suo punto 2 è solo una sua astrazione, funzionale alla sua ipotesi, non solo priva di qualunque elemento a supporto, ma anche in netto contrasto col fatto che l'intestazione della busta al fronte non venne cancellata da questo fantomatico "mittente vero", elemento oggettivo di cui anche lei si rende ben conto, al punto da ipotizzare in seguito che il mittente sia lo stesso istituto, ma della sede di Roma!
michele mainenti ha scritto:
3) Stante quanto confermato da altro intervento i timbri sul retro non riportano né L'ORA né L'ERA FASCISTA. Mancanza importante che avrebbe potuto convalidare o l'ora del timbro sul francobollo da c. 50, oppure l'anno 44 riportato dai timbri.
Arrivederci a presto per il lungo seguito. Saluti, Michele Mainenti.
E' evidente che manchi l'era fascista nel timbro a datario, visto che entrambi i timbri non mostrano di averla mai avuta per costruzione, mentre il blocchetto orario nel timbro a datario serviva per individuare il turno di servizio soprattutto degli uffici interni (infatti il timbro di posta pneumatica indica "11") mentre raramente veniva aggiornato per gli uffici a contatto col pubblico, dove la presenza e la responsabilità dell'operatore era certificata dall'occhio vigile del titolare dell'ufficio postale e ciò che contava - avendo anche valore legale - era l'indicazione della data corretta.
Non sono assolutamente "mancanze importanti" ma, anzi, si inseriscono nella prassi operativa delle Poste: l'orario sul timbro serviva soprattutto per individuare i responsabili di eventuali errori o omissioni, che venivano puniti con multe pecuniarie anche importanti per il minimo errore, dal ritardo sull'orario di lavoro a veri e propri reati di truffa ai danni delle Poste o degli utenti del servizio.
La mancanza dell'era fascista e dell'indicazione oraria non inficia minimamente l'originalità della busta e non costituisce nemmeno un minimo elemento di dubbio.
michele mainenti ha scritto:
4) I timbri posti sulla fronte del documento sono molto strani. Sembrano fatti con timbri di gomma e non di metallo. Osservate specilmente la "A" di Milano, la "E" di centro. Mentre la "C" di "CA" di pneumatica del bollo posto sul francobollo da c. 35 è diversa dalle altre due. Poi un po' tutte mi sembrano abbastanza storte, filiformi e flessibili per essere state impresse con un timbro di metallo.
Arrivederci alla prossima e saluti a tutti.
Michele Mainenti.
A questa osservazione è già stato risposto da altri forumisti, ma basta osservare gli esempi di timbri di posta pneumatica coevi o antecedenti postati in questa stessa discussione per non avere alcun dubbio in proposito: le scritte sono "filiformi" e del tutto simili a quelle del timbro della busta oggetto di analisi perché prodotte da un timbro metallico.
Se poi il signor Mainenti ci spiegasse come distingue un'impronta lasciata da un timbro in gomma da quella di un timbro in metallo, potremmo capire sulla base di quali razionali avanza le sue ipotesi.
michele mainenti ha scritto:
Io sostengo che la busta sia partita da "ROMA" affrancata con il solo francobollo da c. 50 senza che il medesimo sia stato annullato e consegnata al destinatario indicato nella "FINESTRA", che poteva essere anche la consociata di Milano. od altro destinatario indicato nella finestra. Il documento solo così era in tariffa regolare. così non avrebbe avuto alcun valore. Qualcuno venuto in possesso della busta, anche casualmente trovata in un lotto, potrebbe aver avuto un lampo di genio ed abbia aggiunto il francobollo da c.35. Dopo aver scritto a "MACCHINA" il nuovo indirizzo, abbia costruito il documento e con l'aiuto di un conoscente che lavorava in posta abbia fatto apporre i timbri di Milano.
E per ora mi fermo qui perché non vorrei mi scadesse il tempo. Fra un po' di tempo illustrerò il punto cinque.
Ringrazio per l'intervento e porgo cordiali saluti. Michele Mainenti.
La busta, come ripeto, è in perfetta tariffa per il doppio porto nel distretto con il servizio di posta pneumatica: per sostenere il contrario è necessario costruire un castello di ipotesi che non ha né capo né coda (francobolli non annullati, complicità di personale delle Poste, uso di timbri originali - ma non erano falsi, secondo lei? - e chi più ne ha, più ne metta).
Ho già ampiamente documentato (messaggio del 12/8 ore 12.10 in questa stessa discussione) che il servizio di posta pneumatica era pienamente operativo a Milano nella data di invio dell'oggetto postale (
link).
Mi dispiace, ma non condivido nemmeno una parola della sua ricostruzione, perché la ritengo del tutto inverosimile e priva di qualunque fondamento.
michele mainenti ha scritto:
5) Mistero anche come un timbro di metallo si sia procurato sulla circonferenza un incavo del genere. Se il timbro fosse stato di gomma non avrei non avrei avuto difficoltà a capirne il perché. Poteva essere stato, accidentalmente, tagliato o piegato da uno spigolo tagliente ed essere stato riattaccato alla meglio.
Sperando che non mi scada il tempo, aggiungo un altro punto.
6) Nei bolli posti sul davanti del documento le stellette all'altezza della data del timbro posto sul francobollo da c. 50 non mi sembrano in linea con quelle degli altri due. Inoltre mi sembrano un po' troppo diverse tra loro per essere state impresse a brevissima distanza di tempo l'una dall'altra.
Di nuovo saluti ed alla prossima Michele Mainenti.
La lieve intaccatura sul timbro, meno di un paio di millimetri di freccia massima, è il segno di un urto contro uno spigolo che ha deformato permanentemente il metallo del bordo circolare, senza però romperlo perché
la deformazione non presenta interruzioni e la curvatura è sempre uguale nelle tre impronte. Come si sia prodotta non lo so e nemmeno mi interessa immaginarlo, perché sono ben noti altri esempi di timbri deformati da urti e regolarmente utilizzati dagli uffici postali in RSI per annullare francobolli, come quelli di Pontevico - utilizzati per annullare francobolli dell'emissione GNR di Brescia - o quello utilizzato massivamente per le tassazioni d'emergenza con francobolli per pacchi postali e/o "fascetti" a Padova, su buste dirette all'ufficio di collocamento.
Per divertimento e per spazzar via ogni dubbio sull'unicità del timbro sul fronte della busta, ho utilizzato la scansione del bollo sul supporto (quello che non colpisce alcun francobollo) e l'ho colorata in blu, poi l'ho ruotata per orientarla come il bollo presente sul francobollo da 50 cent:
quindi l'ho trascinata per verificare se combaciava con l'impronta che annulla il francobollo da 50 cent:
I due bolli, inutile dirlo, sono risultati del tutto identici, come evidente dall'immagine, quindi anche il suo punto 6 è stato smentito da una banale verifica grafica che chiunque può ripetere:
In relazione alla diversa inchiostrazione del timbro nelle impronte successive, questa è l'ennesima prova che il timbro era metallico, perché i timbri in gomma mantengono più a lungo una inchiostrazione omogenea sull'intera superficie.
Con un timbro metallico non si riescono a fare più di 3-4 impronte senza dover nuovamente caricare il timbro: chi ha esperienza di seggio elettorale sa benissimo cosa intendo.
Conclusione:
delle sue prime 6 "certezze" non resta proprio nulla e ora aspettiamo il seguito.
Saluti