ingegné ha scritto:
....
...
Nella maggior parte delle città, paesi, residenze e vice residenze, non c'era affatto la distribuzione della posta ai destinatari. I singoli cittadini conoscevano a memoria giorno e ora dell'arrivo dell'aereo/corriera/mulo/corriere a piedi/nave e si recavano di persona all'ufficio a controllare se c'era posta per loro, mentre i commercianti avevano sempre una casella postale. Di qui la inutilità di spendere soldi per un servizio che in pratica non sarebbe stato fornito.
Quello che scrive Vittorio dovrebbe essere restato vero anche nel periodo AFIS (negli anni '50) in Somalia. Tuttavia furono emessi francobolli per espresso e si trovano espressi spediti e viaggiati all'interno del paese. Peraltro credo di avere visto solo espressi indirizzati a Mogadiscio o nei pochissimi centri abitati che potevano meritare questo nome (ad esempio Merca). Evidentemente n quei centri c'era qualche limitato servizio di portalettere per gli espressi anche se praticamente tutta la posta manca di un'indirizzo come lo conosciamo noi (via e numero civico). I destinatari e la loro ubicazione dovevano quindi essere ben conosciuti localmente.
La mia limitatissima esperienza ''africana'' in quegli anni, si limita ad un soggiorno all'inizio degli anni '60 in un paese che pero' era di tradizione britannica, il Ghana (ex Gold Coast): li' non ho mai visto un portalettere e tutti gli occidentali e le imprese disponevano di una casella postale dove ricevevano e ritiravano la posta.... Ma ero un ragazzo e non mi venne mai in mente di informarmi sull'esistenza di qualche forma di ''special delivery'': peraltro nella capitale Accra solo alcune grandi strade avevano un nome.... e un recapito domiciliare avrebbe incontrato serie difficolta'.
A proposito, qualcuno sa come possa funzionare il recapito domiciliare in un paese refrattario agli indirizzi formalizzati come il Giappone?